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La calcemia

Enrico Bologna

Specialista in Medicina Interna, Gastroenterologia e Patologia generale.
Già Primario Ospedale Fatebenefratelli, Isola Tiberina, Roma. 
Libero docente in Patologia Medica, Università di Roma “Sapienza”.


La corretta interpretazione delle alterazioni della calcemia presuppone la conoscenza dei complessi meccanismi coinvolti nella sua regolazione e le numerose condizioni che possono alterarli. L’omeostasi del calcio, strettamente connessa a quella del fosforo, dipende da funzioni intestinali, renali e ossee. Nei soggetti adulti a dieta mista viene assunto giornalmente circa 1 g di calcio il cui assorbimento, al pari di quello dei fosfati, è in parte ostacolato dalla formazione nell’intestino di sali insolubili di fosfato e ossalato. La quota di calcio assorbita è pari a circa la metà di quella ingerita; alla quota non assorbita va aggiunta quella eliminata con le secrezioni digestive, così che l’apporto quotidiano di calcio, in equilibrio con l’escrezione urinaria, è di 100-200 mg.

Va considerato che l’assorbimento intestinale di calcio avviene soprattutto in modo attivo, per lo stimolo determinato dalla Vit. D, mentre una quota minore è assorbita passivamente. Questa quota può però divenire rilevante se l’assunzione di calcio è elevata (oltre 1,5 -2,0 g/die).
Il calcio presente nell’organismo di un adulto di taglia media, pari a circa 1.000 mg, si trova per il 99% nell’osso insieme al fosforo sotto forma di idrossiapatite; fosforo è anche presente in elevata concentrazione nelle cellule. Il calcio extracellulare  costituisce quindi  solo l’1% del totale, ma è proprio da questa frazione (o più precisamente dalla quota ionizzata, cioè libera da legami chimici) che dipende la regolazione del metabolismo del catione. La calcemia totale nell’adulto è normalmente compresa tra  8,6 e 10,5 mg/dL; valori leggermente più elevati si osservano fino ai 20 anni circa, leggermente più bassi nell’anziano, senza differenze fra i sessi. Circa il 40% del calcio plasmatico è legato all’albumina, il 15% forma complessi con molecole anioniche  (come fosfato, bicarbonato, citrato, lattato, ossalato, acetato, acidi grassi) e il 45% è in forma libera (ionizzata). La calcemia presenta oscillazioni circadiane dovute ai pasti, alle variazioni della concentrazione dell’albumina e alla postura: il calcio plasmatico totale mostra un picco alle ore 13:00 e il valore minimo alle ore 03:00, mentre per la frazione ionizzata il picco si osserva alle 10:00 e il nadir alle 19:00. Il fosforo è presente nel plasma sotto forma di fosfolipidi, fosfati organici e inorganici,; questi ultimi sono ionizzati. Il controllo dell’omeostasi del calcio e del fosforo dipende dall’intervento dell’ormone paratiroideo (PTH) e dalla Vit. D, che governano il movimento di queste due frazioni ionizzate nelle fasi di assorbimento digestivo, formazione ossea ed escrezione renale (Tab. 1 e 2).

Tab. 1.  Meccanismo di regolazione  del calcio e dei fosfati ad opera di PTH

Tab. 2. Produzione e funzioni di calcitriolo

Il rilievo di una calcemia anormalmente elevata o ridotta richiede prima di tutto di  escludere l’intervento di errori in fase preanalitica. Questi possono essere rappresentati da prelievo effettuato non di mattina (per l’influenza di postura e di variazioni circadiane)  e soprattutto non a digiuno; da stasi venosa mantenuta troppo a lungo, soprattutto se accompagnata da prolungato “pompaggio”  con apertura e chiusura ripetuta del pugno; da contatto del sangue con l’aria nella fase di trasferimento del campione in provetta;  infine da tardiva separazione del plasma o siero dalle cellule. Se il prelievo viene effettuato in pazienti con ipercalcemia trattati con EDTA, il risultato è inattendibile per la chelazione del calcio operata dall’EDTA stesso.
Una volta escluse queste cause di errore, in ogni caso di alterazione della calcemia totale si deve valutare la possibile interferenza prodotta da variazioni della frazione legata alle proteine. Ciò può ottenersi misurando la quota ionizzata mediante  metodi specifici come la potenziometria con elettrodi iono-selettivi, ovvero correggendo la calcemia totale mediante varie formule che tengono conto della concentrazione di albumina o delle proteine del plasma. Tra le numerose formule più comunemente adottate sono riportate le seguenti, in cui la calcemia è espressa in mg/dL ovvero in mmol/L e la concentrazione normale di albumina può essere definita in 4,0 o 4,4 mg/dL secondo i singoli casi:

Calcemia corretta = calcio sierico (mg/dL) + 0,8 x (albumina normale – albumina attuale)
Calcemia corretta = calcio sierico (mmol/L) + 0,02 x (albumina normale – albumina attuale)
Calcemia corretta = calcio sierico (mmol/L) / (0,55 + proteine tot. (g/L) / 160)

La correzione della calcemia totale con queste formule permette anche di non essere ingannati da falsi aumenti o diminuzioni indotte da iper- o ipoprotidemia così come da  malattie caratterizzate da emoconcentrazione o emodiluizione. Si tratta comunque di una correzione che fornisce risultati approssimativi, in quanto la quota di calcio fisiologicamente attiva può variare per molteplici cause, in particolare in caso di acidosi (aumento) e di alcalosi (diminuzione). Una importante causa di errore derivante dalla applicazione delle prime due formule è inoltre data dalla scarsa attendibilità del valore dell’albumina, quando questo sia ottenuto in base al frazionamento elettroforetico delle proteine e non alla misura diretta.

Ipercalcemie

L’aumento della calcemia, relativamente frequente soprattutto nella popolazione anziana (fino al 5%), riconosce numerose cause (Tab. 3). Il reperto di ipercalcemia, se confermato, persistente e oligo-asintomatico, deve far sospettare in prima istanza un iperparatiroidismo primario; altra condizione, se pur rara, da considerare in questo caso è l’ipercalcemia familiare ipocalciurica secondaria a deficit congenito del sensore paratiroideo del calcio; le ipercalcemie di altra origine sono più spesso sintomatiche.

Tab. 3 Cause di ipercalcemia

PTH-dipendenti
  • Iperparatiroidismo primario
  • Ipercalcemia familiare
  • Iperparatiroidismo terziario (insuff. renale)
PTH-indipendenti
  • Da neoplasie
  • Intossicazione da Vit. D
  • Malattie granulomatose croniche
  • Da farmaci (diuretici tiazidici, Litio, antiacidi IPP, Vit. A, Estrogeni, Teofillina)
Altre
  • Ipertiroidismo
  • Acromegalia
  • Feocromocitoma
  • Insufficienza surrenale
  • Immobilizzazione
  • Nutrizione parenterale
  • Sindrome latte-alcali
  • impianti di silicone
(modif. da Khairallah W & al)

L’ipercalcemia da iperparatiroidismo primario è di solito modesta (raramente maggiore di 11,00 mg/dL) e spesso incostante; nel sospetto clinico di adenoma paratiroideo, ad esempio in pazienti con calcolosi renale, la calcemia deve perciò essere misurata più volte.
Nell’iperparatiroidismo secondario, quale si osserva nell’insufficienza renale cronica, l’aumento di PTH coesiste con iperfosfatemia e ridotta sintesi di Calcitriolo. Nelle nefropatie inveterate l’iperproduzione di PTH può rendersi autonoma (iperparatiroidismo terziario) e persistere a lungo anche quando l’insufficienza renale è stata corretta con trapianto renale.
Molte neoplasie solide,  alcune leucemie e in particolare il mieloma multiplopossono causare ipercalcemia con valori di solito piuttosto elevati (pari o superiori a 13 mg/dL), provocati da aumentato riassorbimento osseo conseguente a metastasi scheletriche o da stimolazione degli osteoblasti ad opera di citokine, in particolare TNF. In altri casi il fenomeno dipende dalla secrezione tumorale di PTH-related protein (PTHrP), come ad esempio nel feocromocitoma, o da produzione extrarenale di Vit. D come in alcuni linfomi.
Ipercalcemia da riassorbimento osseo può accompagnare l’ipertiroidismo e, meno spesso, l’immobilizzazione protratta, la malattia di Paget dell’osso e l’ipervitaminosi A; può inoltre osservarsi per effetto di farmaci come il litio, che riduce la risposta del sensore paratiroideo del calcio, o come i tiazidici che riducono l’escrezione renale del calcio, o ancora nell’intossicazione da teofillina.(6, 10, 13, 21)
Le manifestazioni cliniche (Tab. 4), indipendenti dalla causa e correlate all’entità dell’ipercalcemia, possono mancare o essere modeste se l’aumento è lieve e/o cronico, ovvero essere gravi (fino al coma) se l’aumento è acuto o di notevole entità. Aumenti fino a 12 mg/dL possono essere asintomatici o accompagnati da sintomi aspecifici come stipsi, astenia, depressione. Valori tra 12 e 14 mg/dL, ben tollerati se stabili, qualora vengano raggiunti bruscamente divengono sintomatici; i sintomi sono più gravi e progressivi con calcemie più elevate. A carico del sistema nervoso sono comuni modesti disturbi psichici, particolarmente frequenti nei casi di iperparatiroidismo primario (ansia, depressione, deficit cognitivo). Sintomi più gravi (confusione, letargia fino al coma) si osservano, indipendentemente dalla causa ma più spesso in anziani e quando l’ipercalcemia aumenta bruscamente,  con valori  oltre i 14 mg/dL.(8, 14, 18)

Tab. 4 Conseguenze e manifestazioni dell’ipercalcemia

Cardiovascolari
-Ipertensione
-Bradicardia
-QT corto

Renali
-Poliuria-Polidipsia
nefrocalcinosi
-Nefrolitiasi
-Acidosi tubulare renale
-Diabete insipido neurogenico
insufficienza renale

Muscolo-scheletriche
-Debolezza muscolare
-Dolori ossei
-Osteoporosi

Neurologiche
-Confusione
-Deficit di concentrazione
-Coma

(modif. da da Shane E, Dinaz I)

Comuni sono anche i disturbi digestivi come anoressia, nausea e stipsi, quest’ultima indotta da ridotto tono muscolare liscio e/o da disturbi del sistema antonomo. Meno frequente l’ulcera gastrica, osservata soprattutto nell’iperparatiroidismo primario e riferibile ad aumento della secrezione gastrinica, e la pancreatite, indotta da precipitazione di calcio  nel dotto pancreatico e da attivazione intraparenchimale del tripsinogeno(5).
La persistenza di ipercalcemia è tipicamente accompagnata da danno renale. La manifestazione più comune è una condizione analoga al diabete insipido, provocata da ridotta capacità di concentrazione in più segmenti del tubulo renale e forse dipendente da deposizione di calcio nella midollare renale con perdita del gradiente osmotico tubulo-interstiziale, o anche da alterazioni dei canali acquei aquaporina-2. La poliuria, associata alla ridotta ingestione di liquidi causata dalla nausea, può provocare disidratazione, che contribuisce a incrementare l’ipercalcemia ed i conseguenti disturbi. Altra possibile conseguenza della ipercalcemia protratta dell’iperparatiroidismo primario e della sarcoidosi è la formazione di calcoli urinari.
L’aumento della calcemia oltre 12 mg/dL può determinare vasocostrizione  renale e ipovolemia secondaria a ipernatriuresi con riduzione reversibile della filtrazione glomerulare. Quando l’ipercalcemia e l’ipercalciuria sono di lunga durata e secondarie a sarcoidosi può prodursi insufficienza renale da nefrocalcinosi, costituita da degenerazione e necrosi dell’epitelio tubulare e da fibrosi e calcificazione interstiziali(2).
Anche l’apparato cardiovascolare può subire danni dall’ipercalcemia, che se protratta può dar luogo a calcificazioni valvolari, coronariche e miocardiche. D’altra parte bruschi aumenti della calcemia possono indurre aritmie sopraventricolari o ventricolari e alterazioni della fase di ripolarizzazione ventricolare tali da far sospettare un infarto del miocardio(17).
A  carico dell’apparato locomotore l’ipercalcemia determina debolezza muscolare e può causare dolori ossei, che accompagnano la riduzione della massa ossea corticale.
L’esame obiettivo generale non mostra di regola segni se non quelli provocati dalla eventuale malattia (in particolare neoplastica) che determina l’ipercalcemia. Abbastanza comuni i segni di disidratazione; la cheratopatia a banda, causata da precipitazione di calcio nello strato sub-epiteliale della cornea, è oggi molto rara perché legata ad una lunga persistenza di calcemia molto elevata.

Ipocalcemia

Ipocalcemia si osserva quando la secrezione di PTH non è in grado di mantenere la calcemia entro valori normali agendo in  misura sufficiente sul rene (dove promuove il riassorbimento di calcio nel tubulo distale), sull’ osso (dove favorisce il riassorbimento di calcio) e sull’intestino (dove stimola l’assorbimento di calcio mediato dalla aumentata produzione renale di  calcitriolo).       
Le ipocalcemie secondarie a ridotta secrezione di PTH possono dipendere, in ordine di frequenza,  da esiti chirurgici, da autoanticorpi, da alterata regolazione della produzione o secrezione di PTH o da ipoplasia delle paratiroidi; altre dipendono da deficit di Vit. D (Tab. 4).

Tab. 7. Conseguenze e manifestazioni dell’ipocalcemia       

Ipocalcemia acuta
Cardiovascolari
Ipotensione
Insufficienza cardiaca
Aritmie
Allungamento dell’intervallo Q-T
Neuromuscolari
Irritabilità, tetania
Scosse e spasmi muscolari
Segni di Chvostek e di Trousseau
Convulsioni
Laringo- e broncospasmo
Ipocalcemia persistente
Calcificazioni ectopiche
Segni extrapiramidali
Deficit cognitivo
Cataratta sottocapsulare
Xerodermia
(modif. da Goltzman D, Cole DEC)

La determinazione della concentrazione plasmatica di fosforemia, PTH,  Calcitriolo e quella della calciuria permettere di orientare la diagnosi (Tab. 5).

Tab. 5.  Rilievi di laboratorio nelle ipocalcemie

L’ipoparatiroidismo post-chirurgico, che può insorgere dopo interventi sulle stesse paratiroidi o sulla tiroide ovvero per il trattamento di neoplasie di testa-collo, non è sempre definitivo; in alcuni casi, infatti, il deficit di PTH dipende da alterazioni postoperatorie transitorie della vascolarizzazione paratiroidea, ovvero dalla temporanea incapacità della o delle paratiroidi superstiti di produrre o liberare quantità adeguate di PTH. In qualche caso il deficit può essere intermittente, per riduzione della riserva paratiroidea. In qualche caso l’ipocalcemia postoperatoria può essere intensa e prolungata nonostante il ripristino di normali e talora elevate concentrazioni plasmatiche di PTH. Questi casi, definiti come  “sindrome dell’osso affamato” si osservano in soggetti operati dopo un lungo periodo durante il quale gli elevati valori di PTH avevano provocato un intenso riassorbimento osseo  (osteite fibrosa)(1). Questa sindrome è stata anche descritta in pazienti tiroidectomizzati per ipertiroidismo che, persistendo a lungo, aveva indotto decalcificazione ossea(9).
La seconda causa di ipoparatiroidismo acquisito è auto-immunitaria. Autoanticorpi  possono distruggere le paratiroidi, spesso nell’ambito di una sindrome autoimmune plurighiandolare tipo I, in cui il deficit paratiroideo si manifesta in giovane età, preceduto da candidosi muco cutanea e seguito da insufficienza surrenalica.  In altri casi la malattia è provocata da autoanticorpi che attivano i recettori sensibili al calcio inducendo riduzione della secrezione di PTH; in quest’ultimo caso l’ipoparatiroidismo può regredire(7).
Cause rare di ipocalcemia con basso PTH sono rappresentate da ipoplasia su base genetica, da mutazioni della sequenza peptidica del preproPTH o del recettore del calcio;  inoltre da irradiazioni locali o da malattie che determinano infiltrazioni, depositi o metastasi nelle paratiroidi.
A queste condizioni fanno riscontro alcune forme di ipocalcemia con PTH elevato. L’aumento dell’ormone esprime, in questi casi,  l’incapacità delle paratiroidi di normalizzare la calcemia. In buona parte dei casi l’ipocalcemia dipende da ridotta produzione o azione della Vit. D. Deficit di questa vitamina possono derivare da ridotto apporto alimentare, malassorbimento, ridotta esposizione alla luce solare, ridotta idrossilazione nel fegato a formare calcidiolo (25 OH Vit. D) o nel rene a formare calcitriolo (1,25 OH Vit. D) o anche accelerata degradazione del calcitriolo.
Riduzione della calcemia può essere inoltre provocata da deposizione di calcio nei tessuti, come avviene nell’insufficienza renale cronica a causa della protratta iperfosfatemia o in presenza di estese metastasi osteoblastiche; caratteristica è anche l’ipocalcemia da pancreatite acuta, causata da deposizione di saponi di calcio nel peritoneo. Ipocalcemia è anche molto frequente in fase postoperatoria  e in soggetti con sepsi e gravi ustioni; queste condizioni avrebbero in comune, oltre alla ipoalbuminemia, una ridotta produzione di PTH o di calcitriolo. Possono essere inoltre in causa le emotrasfusioni, che soprattutto se ripetute apportano quantità elevate di citrato(12, 21).
Altre e più rare forme di ipocalcemia con alto PTH, che si osservano  nell’infanzia e sono riunite sotto la denominazione di pseudoipoparatiroidismo, dipendono da insensibilità del rene e dell’osso all’azione del PTH indotta da mutazioni genetiche che alterano i recettori dell’ormone(3); esse  sono caratterizzate da ipocalcemia, iperfosfatemia ed elevato PTH.
Vanno ricordate infine le ipocalcemie indotte da farmaci come i bifosfonati quando sono utilizzati ad alte dosi per correggere gravi ipercalcemie o nei soggetti con metastasi ossee, malattia di Paget dell’osso o anche osteoporosi. Ipocalcemia può essere provocata con meccanismi diversi da vari chemioterapici come Cisplatino e 5-fluorouracile/Leucovorin e da Foscarnet, o anche da Fenitoina che favorisce la trasformazione di Vit. D in metaboliti inattivi. Calcemie falsamente basse possono essere osservate a seguito della somministrazione di due preparati di gadolinio utilizzati per la RMN, Gadodiamide (Omniscan ®) e Gadoversetamide (OptiMARK ®)(11, 15). Una ulteriore causa di ipocalcemia è infine rappresentata dal protratto uso di inibitori della pompa protonica, che elevando il pH intragastrico riducono la biodisponibilità del calcio alimentare, così come del ferro.
La riduzione della calcemia può dar luogo a numerose manifestazioni a carico di vari organi e apparati. Le forme acute si accompagnano a segni di irritabilità neuromuscolare che in rapporto all’entità ed alla velocità di insorgenza dell’ipocalcemia possono essere modesti (astenia, ansia, depressione, parestesie soprattutto periorali e delle estremità, crampi muscolari) o più intensi (spasmo carpo-pedale, laringospasmo, convulsioni); queste ultime manifestazioni si osservano quando la calcemia totale scende sotto i 7,0 mg/dL (e il calcio ionizzato a meno di 4,3 mg/dL). I segni più caratteristici, anche se non sempre presenti,  sono quello di Trousseau (spasmo carpo-pedale che insorge dopo tre minuti di compressione oltre i valori sistolici con uno sfigmomanometro) e quello, meno specifico, di Chvosteck (dando dei colpetti con il dito anteriormente ad un orecchio si osservano contrazioni dei muscoli facciali  dallo stesso lato) . L’alcalosi, ad esempio quella prodotta da iperventilazione, facilita la comparsa dei sintomi, che sono invece più rari in presenza di acidosi come quella che accompagna l’insufficienza renale(4, 20).

Tab. 7. Conseguenze e manifestazioni dell’ipocalcemia       

Ipocalcemia acuta
Cardiovascolari
Ipotensione
Insufficienza cardiaca
Aritmie
Allungamento dell’intervallo Q-T
Neuromuscolari
Irritabilità, tetania
Scosse e spasmi muscolari
Segni di Chvostek e di Trousseau
Convulsioni
Laringo- e broncospasmo
Ipocalcemia persistente
Calcificazioni ectopiche
Segni extrapiramidali
Deficit cognitivo
Cataratta sottocapsulare
Xerodermia
(modif. da Goltzman D, Cole DEC)

Oltre ai segni di ipereccitabilità neuromuscolare l’ipocalcemia ad insorgenza acuta può provocare ipotensione arteriosa e disfunzione miocardica contrassegnata da allungamento dell’intervallo Q-T, aritmie e insufficienza cardiaca; inoltre edema reversibile della papilla. Se protratta, come può avvenire soprattutto nell’ipoparatiroidismo, l’ipocalcemia è causa di segni extrapiramidali, irritabilità, parestesia, astenia, cataratta, xerodermia, alopecia ed alterazioni ungueali(16, 19).

 

Bibliografia

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