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LA PAPAYA: FRUTTO E/O FARMACO?

Frutto gradevole ed apprezzato, di relativa facilità produttiva e con interessanti sostanze “medicamentose”
La papaya, della famiglia delle “Caricacee”, viene chiamata anche pianta dei meloni ed è originaria delle regioni tropicali del centro America. Si presenta come un piccolo albero poco ramificato e con un fusto che può arrivare sino a 10 m. il tronco ha una consistenza tenera, poco legnosa e spesso presenta delle “cicatrici” prodotte dalla caduta delle foglie posizionate più in alto.

            La pianta si accresce in ambienti climatici anche non strettamente tropicali e fornisce non in tutti i terreni in modo generoso fiori e frutti, che sono, questi ultimi, più saporiti all’inizio dell’estate ed in autunno. Le piante contengono un prezioso latice da cui si estraggono alcuni enzimi (papaina). La pianta dalle regioni di origine si è diffusa in altri continenti (Asia ed Africa) ove viene attualmente prodotta in oltre 50 varietà, in particolare nel mediterraneo si coltiva in Israele e in Sicilia. Il commercio comunque è pressochè globalizzato.
            Le foglie si definiscono palmato-lobate, sono relativamente cadenti ed hanno un lungo stelo. I fiori sono collocati dopo l’inserzione dei gambi sulle foglie e si presentano in genere a grappoli. La crescita dei frutti della pianta della papaya, chiamati anch’essi papaya, determina la caduta delle foglie più basse esponendoli alla luce solare. Il frutto simile ad un melone in alcuni casi può arrivare a pesare 7-8 kg, le dimensioni in genere sono inversamente proporzionali all’età della pianta. Per la commerciabilità i frutti sono colti da prolifiche piante nane e normalmente non superano i 500-600 gr.

            La consistenza del frutto è delicata/soffice, presenta una forma allungata a mo’ di pera e l’esterno va dal color verde al giallo arancio o rosa, quando è maturo. Se immaturo può essere utilizzato pure come ortaggio. L’interno è succoso, dolce, profumato e contiene numerosi piccoli semi piccanti che non vengono mangiati. La papaya è piacevole da consumare cruda o cotta ed il sapore del frutto intero o come bevanda ricorda un concentrato di albicocca e fragola, può essere anche utilizzato come antipasto, a colazione, nella macedonia, come confettura, nei dolci, come frutta secca o tagliato a julienne. Questo frutto rientra in molte ricette di cucina rendendole tutte molto gradevoli e conferendole un gusto particolare e specifico.
            La papaya non è soltanto un frutto colorato, gustoso e dolce, ma fornisce all’uomo anche molte sostanze nutrienti. Contiene, infatti, una discreta percentuale di vitamine, minerali, oligo-elementi, anti-ossidanti, cui sembra associata una diminuzione di rischio di tumori specie a livello di utero e colon, e folati (prevengono alcune malformazioni fetali). È anche una discreta fonte di fibre, una porzione di papaya può fornire circa il 10% delle fibre che servono quotidianamente.

            Questo frutto, se si assume regolarmente, possiede un buon effetto anti-infiammatorio, non favorisce il dimagrimento, mentre induce una discreta azione digestiva a causa dell’attività proteolitica (frazionamento delle proteine in amminoacidi) sugli alimenti dell’enzima papaina, presente anche nella polpa del frutto. Tale enzima può essere estratto ed impiegato nell’industria alimentare e cosmetica per gli effetti cheratolitici, necessita cautela invece nei soggetti che assumono anticoagulanti.
            Con un particolare procedimento si può fermentare la papaya diminuendo il contenuto di proteine a favore di un aumento di carboidrati, in modo da esaltarne alcune proprietà già presenti. Nello specifico si potenzierebbe l’attività sullo stress ossidativo, inducendo nell’organismo un discreto controllo sui radicali liberi e favorendo una maggiore concentrazione di ossido nitrico, e sull’immuno-modulazione, aumentando le difese dell’organismo con l’attivazione dei macrofagi, dei leucociti neutrofili e dell’interferone-g che a sua volta orienterebbe alcune cellule contro quelle tumorali (natural killer). I sistemi specifici per una favorevole funzione ossido-riduttiva ed immunologica sarebbero quindi stimolati e nel contempo verrebbero inattivati gli ioni metallici potenzialmente dannosi, come quelli dell’inquinamento atmosferico.

            L’azione “medicamentosa” comunque è abbastanza controversa, complessa ed ancillare rispetto all’utilizzo della papaya come cibo. Nel contempo riteniamo però interessante sottolineare alcuni aspetti senza ovviamente dimenticare che è un frutto gradevole, di buon sapore e che può essere utilizzato in più modi a tavola e fuori della tavola.
La papaya indurrebbe alcuni “benefici” sulla salute, sia come riduzione del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, sia come “protezione” contro alcune forme tumorali. I “benefici” sarebbero favoriti dalla peculiare composizione e dalle conseguenti sinergie che la renderebbero unica nella sua efficacia. Grazie all'elevato contenuto di carboidrati di facile assorbimento ed al patrimonio di sali e vitamine potrebbe risultare utile nei periodi di stress. Come abbiamo già considerato la papaya aiuta i processi digestivi per gli enzimi contenuti. I procedimenti responsabili dell'invecchiamento, causati dal progressivo incremento dei radicali liberi, verrebbero moderati e rallentati per la ricchezza di alcune sostanze presenti come i polifenoli. Il frutto fermentato inoltre può essere considerato un functional food ovvero una sostanza nutraceutica, cioè un alimento o complemento alimentare funzionale che potrebbe coadiuvare alcuni trattamenti (oncologici, immunostimolanti ecc.) e tenderebbe a non far peggiorare alcune forme degenerative (declino cognitivo, parkinson ecc.).

            L’assunzione continuata della papaya dovrebbe migliorare la qualità della vita alleviando il dolore prodotto da alcuni stati morbosi. Tale frutto, se non pretende ovviamente di fornire una cura assoluta per problemi di salute, risulta favorito dalle statistiche. Queste ci informano, infatti, che le condizioni dei pazienti, mangiando gradevolmente, tenderebbero a migliorare con un relativo prolungamento, sembrerebbe, dell’aspettativa di vita.

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