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FUMO E CINEMA

Le scene ripetitive dei film con noti attori presentati con la sigaretta che caratterizza particolarmente la loro immagine possono influenzare soprattutto i giovani e indurli a iniziare la pratica dannosa del fumo. Secondo alcuni dati, peraltro, l’inizio del fumo corrisponde nello 89% dei casi al periodo dell'adolescenza (1). In effetti, soprattutto in questa età della vita si tende a idolatrare le stelle del cinema e, iniziando a imitarne le azioni, a porle come punto di riferimento dei propri comportamenti.

È stato, di fatto, appurato che gli adolescenti che prediligono i protagonisti del cinema ritratti nell’atto di fumare presentano sedici volte maggiori probabilità di svilupparne l’impulso positivo verso il vizio.

Essi, vedendo tanto cinema di tal fatta hanno anche probabilità due volte e mezzo maggiori d’iniziare a fumare. Non a caso sembra, quindi, che le aziende produttrici di tabacco, già da decenni, utilizzino quest’associazione al fine di ottenere i maggiori profitti. Bisogna, infatti, considerare la potente forza di persuasione esercitata dal cinema. I film, invero, svolgono non solo un ruolo di forma d’intrattenimento, ma sono anche un business come spettacolo e, in tal senso, un mezzo di persuasione che può raggiungere un ampio numero di persone con una potenziale influenza di massa. I film sono, in effetti, una forma narrativa di storie raccontate con un'aura di credibilità. Essi possono convincere intenzionalmente o involontariamente gli spettatori. I loro personaggi diventano spesso modello di comportamenti a rischio, come per l’abuso di alcol e per la guida dei veicoli in stato di ubriachezza, anche riferita a minorenni. Peraltro, il grande schermo ripete spesso i modelli di violenza e dei rapporti sessuali non protetti. Di certo, sull’onda di tale motivo, il tasso dei fumatori che seguono il cinema è sproporzionatamente più elevato che per il grande pubblico.

Andy Warhol (1928-1987), poliedrica figura predominante del movimento della Pop art, ebbe a dire: il cinema da quando è stato inventato condiziona realmente i comportamenti della vita civile. In effetti, i film mostrano come e quando fare qualcosa, quali sono le sensazioni che si producono e si sentono e come guardare come ci si sente nel nostro modo di vivere.  
Peraltro, sin dai primi del novecento il modello di vita vincente è stato quello dell’esclusività. In tale contesto il fumatore ha rappresentato parte integrante di quella società più benestante ed elegante, divenendo presto anche un simbolo di autonomia, di forza e di virilità. Anche per la donna il fumo ha assunto il valore della dimostrazione della sua emancipazione, portandola a copiare immagini che potessero ritrarla sempre più bella, magra e magari con una sigaretta fumante tra le dita o sulle labbra. Nella campagna Virginia Slim la sigaretta ricopriva addirittura la funzione di rimedio contro il sovrappeso. La donna con la sigaretta evocava la giovane età, il desiderio sessuale, la libertà e l’indipendenza dagli schemi sociali e dai rigori del passato.
D’altra parte nel Marlboro Country l’uomo evocava, invece, il maschio coraggioso e vincente, come il marine americano votato alla libertà dei popoli oppressi, sempre sorridente, forte e ottimista.
Da notare, peraltro, che le sigarette da qualche tempo rappresentano il volano ideale per far sviluppare la personalità di un protagonista dello schermo. Così è di certo avvenuto per James Dean con la sua interpretazione in “Rebel Without a Cause”, per Audrey Hepburn in “Breakfast at Tiffany’s”, per Bette Davis in “All About Eve” e per Vivian Leigh in “A Street Car Named Desire”.

Il processo è, peraltro, continuato e si è anzi rinforzato nei decenni successivi, vedi Julia Roberts in “My Best Friends Wedding”, oppure Brad Pitt in “Fight Club”, Cameron Diaz in Charlie 's Angels” o Worm Guys in MIB II. È stato, difatti, affermato che il cinema si caratterizza come il migliore mezzo commerciale, superando anche la televisione o qualsiasi rivista, poiché investe un pubblico totalmente inconsapevole di qualsiasi coinvolgimento di sponsorizzazione. Pur tuttavia, è stata data anche alta visibilità nei film in cui uno o più personaggi principali fumano una certa marca di sigarette in rapporto a un contratto prestabilito con i produttori di sigarette. Così è stato per MIB II e le Marlboro, per Road to Perdition e le Lucky Strike, per Training Day e le Newport e per There’s Something About Mary e le Kool.
K L Lum del Center for Tobacco Control Research and Education, University of California - USA e colleghi nella loro pubblicazione per la lotta contro il tabagismo, considerando quanto premesso, vista la vanità degli sforzi della sanità pubblica per eliminare questa pericolosa abitudine voluttuaria, hanno voluto esplorare le reciproche e vantaggiose collaborazioni commerciali dal 1927 al 1951 tra le aziende produttrici di tabacco e i principali studi cinematografici (2).

Gli Autori hanno, così, mostrato i documenti del settore a sostegno dell'entità della relazione, portando alla memoria i classici film del 1930, 1940 e 1950 che più di tutti hanno contribuito a promuovere il vizio nella società moderna. In sostanza, tutti i più grandi nomi del cinema di quei tempi, a seguito di veri e propri contratti di sponsorizzazione, sono stati coinvolti nella promozione dell’uso della sigaretta. Secondo la ricerca fatta dagli Autori, tra le stelle del firmamento cinematografico, disposte a sostenere il tabacco, ci sono stati Clark Gable, Cary Grant, Spencer Tracy, Joan Crawford, John Wayne, Bette Davis e Betty Grable.

Uno dei documenti chiave nei meriti è costituito alla fine degli anni ’30 dall’elenco dei compensi liquidati dall’American Tobacco della Lucky Strike agli attori per un singolo anno. Le donne principali coinvolte in questa lista sono state Carole Lombard, Barbara Stanwyck e Myrna Loy che, per promuovere il marchio, ricevettero ben 10.000 dollari, pari a poco meno dei 150.000 di oggi. Così pure avvenne per Clark Gable, Gary Cooper e Robert Taylor. Al termine del 2008 il prezzo annuale complessivo di questa manovra propagandistica fu di 3,2 milioni di dollari. Peraltro, secondo gli Autori della ricerca, gli effetti dei milioni versati a Hollywood si risentirebbero ancor oggi, nonostante il divieto di promozione di tal tipo di riprese cinematografiche.
Tra i documenti importanti vi sono quelli che hanno dato sostegno, per merito delle stelle e dei registi del cinema di Hollywood, alle sigarette Lucky Strike.

Il lavoro di K L Lum confermerebbe, quindi, che il cinema può sospingere gli adolescenti e i giovani adulti a fumare, contrastando in definitiva gli sforzi di prevenzione della sanità pubblica.
Ne deriverebbe che i responsabili politici, che devono riconoscere il ruolo storico e contemporaneo giocato dai film, non dovrebbero esitare a modernizzare continuamente i sistemi di rating per escludere il fumo dal cinema commercializzato ai giovani, rompendo in tal modo la lunga e deleteria connessione commerciale.
Pur tuttavia, le scene cinematografiche classiche sul fumo, come in "Casablanca" e in "Now, Voyager", e le immagini glamour pubblicitarie hanno contribuito, di certo, a perpetuare la tolleranza pubblica sul fumo nei film.

Sia Paul Henreid sia Bette Davis, durante la loro carriera, hanno avuto contratti promozionali con le aziende produttrici di tabacco. In  seguito peraltro, la Liggett implicò fortemente Henreid che in una radio commerciale dichiarò che il marchio fumato nel film Now, Voyager era proprio quello della Chesterfield.
Peraltro, Richard Klein ha, di certo, contribuito a suscitare in quest’ambito un certo interesse con il suo “Cigarette are Sublime” del 1993 in cui esaltava l’oscura bellezza, il piacere negativo e i vantaggi dell’uso del tabacco, trascinando il lettore in un excursus culturale delle arti visive e della letteratura sul richiamo del concetto del sublime di Kant. Provocatoriamente l’Autore affermava che le sigarette erano un male per chi non le conosceva ed era proprio per questo che davano tanto piacere. Il lavoro letterario, originato dall’urgente desiderio dell'autore di smettere di fumare, offriva, peraltro, uno sguardo di sfida alla storia letteraria, filosofica e culturale del fumo. Nel saggio l’Autore esprimeva anche un’analisi del potere evocativo del fumo nel film Casablanca del 1942, diretto da Michael Curtiz, e le sue implicazioni con la psicoanalisi, l’estetica e la politica. Richard Klein si concentrava sulla bellezza oscura, sui piaceri negativi e sui benefici collegati al consumo del tabacco e, in specie, delle sigarette. In particolare, in Casablanca tutti gli uomini fumavano continuamente, mentre le donne mostravano di aspirare solo una boccata per la contraria cultura generale dell’epoca nei loro confronti sul fumo in pubblico.
Comunque, il fumo, sin dal tempo del cinema muto, è stato rappresentato in film classici. L'avvento del parlato alla fine del 1920 segnava, però, l'inizio dello sfruttamento sistematico da parte dell’American Tobacco Company in tutte le più famose pellicole. Quasi 200 attori e contemporaneamente i loro studi promossero notoriamente dal 1927 al 1951 una marca di tabacco, favorendo la diffusione del vizio.
Diverse ricerche sino a oggi hanno dato sostegno negli Stati Uniti, in Europa, ma anche nei paesi a economia emergente, al ruolo del cinema, come fattore di rischio per il fumo, soprattutto nell’adolescenza,.
I 6.252 adolescenti che risposero al questionario della Tabacco California Survey del 1996, fecero rilevare di essere incoraggiati al vizio dalle loro stelle del cinema preferite (3).
Nell’analisi di altri giovani la pubblicità, le promozioni e le raffigurazioni cinematografiche e televisive aumentavano l'uso del tabacco con più che doppia probabilità in diversi paesi con differenti disegni di studio e misure di esposizione e di esito (4).
Due studi longitudinali dimostravano un collegamento indipendente tra l'esposizione ai film con scene di fumo e la sua iniziazione nel futuro. La ricerca sperimentale aggiungeva maggiore supporto, dimostrando che la rappresentazione del fumo nella scena aumentava i pareri positivi nei già fumatori e l'intenzione di esserlo in chi non aveva il vizio. La ricerca, in definitiva, sosteneva fortemente l'idea che il fumo nel cinema giocava negli adolescenti un ruolo nell’iniziazione a esso (5).
In un’altra ricerca la maggiore identificazione con il protagonista di un film faceva prevedere la più forte associazione implicita tra il sé e il fumo per fumatori e no. Anche la maggiore volontà di fumare seguiva questa indicazione. Le rappresentazioni del fumo nei film sarebbero state, quindi, causalmente legate alle variazioni correlate al pensiero del fumo. Inoltre, l'identificazione con i protagonisti era un’importante caratteristica d’influenza narrativa e le misure implicite potevano essere utili per la previsione del comportamento deliberativo (6).
Anche 2.711 adolescenti tedeschi, che non avevano mai fumato, si dimostravano positivamente sensibili alle scene di fumo nei film, allo stesso modo dei bianchi americani (7).
Invece, le scene di fumo nei film non influenzavano verso il vizio giovani scozzesi di diciannove anni del Regno Unito (8).
In un’altra ricerca il rischio relativo di diventare schiavi della sigaretta aumentava di un terzo a ogni quartile successivo di esposizione ai film con scene di fumatori. Quelli esposti del quartile più alto avevano probabilità due volte maggiori di essere stabili fumatori alla fine dello studio, rispetto a quelli del quartile più basso. In conclusione, l’esposizione al fumo dei film prediceva in modo significativo, al lungo termine dello studio, la progressione al vizio (9).
I risultati di uno studio su sessanta fumatori abituali, assegnati in modo casuale alla visione di un film con rappresentazioni o no del vizio, dimostravano un significativo effetto d’interazione sul comportamento immediato dei partecipanti (10).
Anche nel Regno Unito, come altrove, 5.166 adolescenti, esposti alle raffigurazioni del fumo nei film, cadevano nella maggiore probabilità d’iniziare la dannosa abitudine (11).
Guardando l'uso del tabacco nei film e seguendo l’attività promozionale di merce con marchio riecheggiante il fumo, 3.956 adolescenti, selezionati in modo casuale da dodici scuole di New Delhi, erano sospinti in maniera indipendente al consumo del tabacco in forma simile agli studi di altre parti del mondo (12).
In un’indagine trasversale su 16.551 studenti, reclutati in Germania, Islanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia e Scozia, di età media di 13.4 anni (DS = 1.18) e con un’uguale distribuzione per sesso, si verificava un robusto legame tra l’esposizione al fumo dei film e la sua pratica, indipendente dal contesto culturale (13).
Nel confronto dell'accesso dei giovani ai film, gli europei avevano in generale un sostanziale maggiore accesso ai film e, quindi, anche a quelli che ritraggono il fumo (14).
In sessantacinque giovani adulti che fumavano ogni giorno, non si rilevava nessun effetto di stimolo al fumo a causa dei film (15).
In un ultimo studio si evidenziava l'elevata correlazione tra la visione delle rappresentazioni cinematografiche di fumo e la suscettibilità e l'iniziazione al vizio, ma non per altri contenuti comportamentali dell’adulto (16).
Complessivamente, queste ricerche hanno ormai teso a stabilire inequivocabilmente che il fumo nel cinema agisce come forte fattore di rischio per l'iniziazione a esso. A tal proposito, infatti, le istituzioni scientifiche hanno ribadito il peso delle evidenze a sostegno della relazione causale tra cinema e fumo. Certo è che il fumo dei colleghi e dei familiari possono rappresentare i fattori predittivi più importanti all’iniziazione.
In verità, secondo una meta-analisi effettuata utilizzando effetti casuali, il fumo dei genitori e quello dei fratelli rappresentano, invero, una forte e significativa determinante del rischio del vizio nei bambini e nei giovani, del tutto evitabile con opportuni comportamenti (17).
Peraltro, la restrizione dei genitori di guardare film con immagini di fumo ridurrebbe fortemente il rischio del vizio nei figli e l'effetto sarebbe maggiore negli adolescenti non esposti al fumo famigliare. I genitori, quindi, avrebbero una forte e gravosa responsabilità nell’esercizio del controllo sulle scelte dei media e sul fumo dei figli, potendo prevenire o ritardare la pericolosa abitudine (18).
Tutto quanto esposto riguarda profondamente la società di oggi. Difatti, sono ormai incontestabili le evidenze che soprattutto gli adolescenti tendono a idolatrare le stelle cinematografiche e a porle nel proprio vissuto come punto d’imitazione con i loro comportamenti e, quindi, ripetendo i loro atteggiamenti e le tendenze verso il fumo.
Tutti questi dati suggeriscono, invero, che deve diffondersi tra chi tenta di limitare o smettere di fumare il suggerimento, o meglio il monito, di astenersi o ridurre la propria partecipazione ai film con scene di attori dediti al fumo. Ciò non solo per il benessere personale, ma anche per le implicazioni generali di salute pubblica.
Bisogna anche creare maggiore consapevolezza tra gli adolescenti sui danni che possono conseguire alla visione del fumo nei film. Essi vanno educati e consapevolizzati al coinvolgimento dell'industria del tabacco con le case cinematografiche. In tal modo, si possono, di certo, indurre a un cambiamento le persone, soprattutto gli adolescenti. Pur tuttavia, bisogna ottenere maggiori e stabili convincimenti presso le case cinematografiche sulla loro responsabilità nei meriti e, quindi, portarle alla riflessione precisa della percentuale di fumatori nella vita reale che può derivare dalla visione nei film di protagonisti ritratti nell’atto di gustarsi una sigaretta.
In effetti, pur dopo le affermazioni di studi cinematografici di essere consapevoli della responsabilità sull’induzione del fumo, soprattutto negli adolescenti, e nella promessa di programmi adeguati di controllo, la realtà sembra dover verificare condizioni inalterate nei tempi. Difatti, si contava ancora negli anni '90 che la quasi totalità dei film includeva l'uso del tabacco che veniva rievocato nelle scene una volta ogni tre - cinque minuti. Peraltro, tra il 1988 e il 1997 il 20% dei film classificati per i bambini conteneva rappresentazioni di attori nell’atto di fumare. Eppure, bisogna forse ripetere più pressantemente le dichiarazioni del danno provocato dal fumo e le esortazioni a starne lontani, soprattutto da quelle star del cinema che hanno riconosciuto e provato sulla propria pelle gli effetti deleteri del vizio.

Bisogna a tal punto ricordare uno studio che ha riguardato il comportamento e le caratteristiche dei personaggi principali di 447 film popolari prodotti dal 1990, volendo controbattere le affermazioni degli attivisti antitabacco per cui il fumo sarebbe più comune nei film di quanto lo sia nella vita reale e che i filmati mostrerebbero protagonisti accattivanti che manipolano sigarette per un collegamento interessato tra fumo, successo e affluenza alle sale cinematografiche.

Lo studio dimostrava, in effetti, che la prevalenza del fumo era più alta negli uomini e che i cattivi del grande schermo erano più propensi a esso rispetto ai buoni. Inoltre, come nella vita reale, il fumo si associava a un più basso stato socioeconomico.  I risultati, peraltro, erano in preciso disaccordo con la maggior parte di precedenti studi che avevano ritratto il fumo con il potere di un fascino irresistibile. Allo stesso modo, non vi era alcuna prova che sostenesse l'idea che le case cinematografiche si accordassero con le aziende produttrici di tabacco per la diffusione del loro prodotto.

 

Pur tuttavia, pur avendo dimostrato quanto sopra, gli Autori dello studio aggiungevano di opporsi alle rappresentazioni cinematografiche inerenti al tabacco e diverse autorità scientifiche, tra cui il presidente dello stesso periodico in cui era stato pubblicato il lavoro, ponevano l’accento sulla necessità di un cambiamento in questo settore, tra cui l'aumento dei messaggi e delle regole antifumo (19).

È di certo valore, a tal proposito, il testamento di Yul Brynner lasciato al mondo intero dopo la sua morte nel 1985. Infatti, solo pochi giorni dopo il triste evento fu divulgato un suo personale annuncio televisivo in USA, e di poi riprodotto anche in molti altri paesi del mondo, in cui, guardando direttamente nella fotocamera per trenta secondi, affermava: “Ora che non ci sono più, ti dico: Non fumare, fai ciò che vuoi, solo non fumare”.

Thomas J. Glynn dell’American Cancer Society in un suo recente editoriale ha voluto considerare come la società contemporanea sia diventata, in certo qual senso, tollerante al volume dei decessi causati dal tabacco. Pur tuttavia, nonostante gli enormi numeri, l’Autore ha incitato il ricordo che ogni persona in essi compresa è pur stata un padre, una madre, un fratello, una sorella, un figlio, o una figlia che, senza l’azione malefica del tabacco avrebbe goduto e condiviso, una vita più lunga, più sana e più appagante.
Tra l'altro, l’Autore ricordando il padre, morto di cancro ai polmoni dopo decenni di fumo, ha invitato gli scienziati del mondo a un lavoro sempre più proficuo per salvare più vite possibili nei prossimi decenni. Thomas J. Glynn infine incoraggiava anche a usare tutti gli strumenti a disposizione per tenere a freno l'industria del tabacco, applicando assiduamente tutte le forze politiche, le capacità di ricerca e dei clinici in difesa  della salute pubblica per vincere alla fine del secolo la disabilità e la morte per il tabacco (20).
In conclusione a quanto riportato, è bene ripetere le norme dell’applicazione della legislazione italiana in materia di fumo nei locali chiusi.
L’articolo 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, relativa alle disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione, s’intitola: Tutela della salute dei non fumatori. Essa definisce le misure che servono a eliminare l’esposizione al fumo passivo nei luoghi di lavoro e locali pubblici chiusi. La legge ha esteso il divieto di fumo a tutti i locali chiusi, pubblici e privati, quindi anche agli studi professionali, agli uffici privati, ai bar, ai ristoranti e ad altri esercizi commerciali, stabilendo il principio che non fumare nei locali chiusi deve essere la regola. Fumare nei locali chiusi deve rappresentare l’eccezione. Oltre che nelle residenze private, si può fumare unicamente in locali riservati ai fumatori. Questi ultimi devono essere dotati d’impianti per la ventilazione e di ricambio d’aria, regolarmente funzionanti, aventi le caratteristiche tecniche fissate con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003.
Questa legge ha teso, quindi, a tutelare non solo la salute dei non fumatori, ma anche a far smettere chi ne è avvezzo, oppure a dilazionare il suo desiderio e, anche se non specificamente precisato, tra le azioni conseguenti che ne derivano, ha dimostrato anche di contrastare duramente la pubblicità diretta e indiretta quale quella che si può produrre nei film o in altre condizioni di vita comune.

© Associazione Amec

BIBLIOGRAFIA

  1. Johnston, L. D., O'Malley, P. M., Bachman, J. G., & Schulenberg, J. E.). Monitoring the Future national survey results on drug use, 2006, 1975-2005. Volume II: College students and adults ages 19-45 (NIH Publication No. 06-5884). Bethesda, MD: National Institute on Drug Abuse, 302 pp.
  2. K L Lum e altri: Signed, sealed and delivered: "big tobacco" in Hollywood, 19271951. Tobacco Control 2008;17:313-323.
  3. Distefan JM e altri: Do movie stars encourage adolescents to start smoking? Evidence from California, Prev Med. 1999 Jan;28(1):1-11.
  4. Wellman RJ e altri: The extent to which tobacco marketing and tobacco use in films contribute to children's use of tobacco: a meta-analysis. Arch Pediatr Adolesc Med. 2006 Dec;160(12):1285-96.
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  7. Hanewinkel R e Sargent JD: Exposure to smoking in internationally distributed American movies and youth smoking in Germany: a cross-cultural cohort study. Pediatrics. 2008 Jan;121(1):e108-17.
  8. Kate Hunt e altri: An examination of the association between seeing smoking in films and tobacco use in young adults in the west of Scotland: cross-sectional study. Health Education Research 2009 24(1):22-31.
  9. Madeline A. Dalton e altri: Early exposure to movie smoking predicts established smoking in older teens and young adults. Pediatrics 2009;123(4):e551-558
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  13. Matthis Morgenstern e altri: Smoking in movies and adolescent smoking: cross-cultural study in six European countries. Thorax 2011;66:10 875-883.
  14. Reiner Hanewinkel e altri: High youth access to movies that contain smoking in Europe compared with the USA .  Tob Control 2011, doi:10.1136/tobaccocontrol --050050.
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  16. Lochbuehler K e altri: Influence of smoking cues in movies on craving among smokers. Addiction. 2009 Dec;104(12):2102-9.
  17. Jo Leonardi-Bee e altri: Exposure to parental and sibling smoking and the risk of smoking uptake in childhood and adolescence: a systematic review and meta-analysis. Thorax 2011;66:847-855.
  18. James D. Sargent e altri: Smoking, mass media, parenting, movies; Pediatrics 2004;114:149 –156.
  19. Karan Omidvari e altri: Smoking in contemporary american cinema, CHEST. August 2005;128(2):746-754.
  20. Thomas J. Glynn: JNCI J Natl Cancer Inst (2012) 104 (7): 495-497.