notiziario 12/2015 N.9 | Fisiopatologia dell’OSA (apnea ostruttiva del sonno)

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Fisiopatologia dell’OSA (apnea ostruttiva del sonno)

L’apnea ostruttiva del sonno (OSA) è particolarmente caratterizzata da un respiro frequentemente interrotto da pause per aumento della resistenza delle vie aeree superiori e loro collasso parziale o completo a causa dei cambiamenti del tono muscolare, cui corrispondono l’ipopnea o l’apnea.

Normalmente i muscoli dilatatori delle vie aeree superiori si contraggono nell’inspirazione poco prima dell’attività del diaframma, così che la pressione negativa toracica, prodotta dall’inspirazione e che si trasmette anche alle vie aeree superiori, trova l’opposizione al restringimento di suzione centripeta del lume per opera dei muscoli dilatatori faringei. In effetti, la sede del restringimento è generalmente la faringe.  Da svegli, infatti, l’anormale funzione di quest’organo può essere controbilanciata da un aumento del tono muscolare. Durante il sonno, invece, viene meno tale compenso e si determinano un parziale collasso e un russamento cui può conseguire anche una prolungata ipoventilazione ostruttiva. A ogni ciclo segue, quindi, il risveglio con uno scenario che ogni notte si ripete numerose volte nei casi più gravi. La frammentazione del sonno non restauratore che ne consegue provoca, così, non solo l’interruzione del ritmo ultradiano del sonno, ma anche la sonnolenza diurna, l’ipossiemia e le fluttuazioni della pressione  arteriosa e della frequenza cardiaca. Il fenomeno, per di più, acquista maggiore importanza nei soggetti che in veglia hanno già un'elevata resistenza delle vie aeree superiori a causa di una ridotta pervietà nasale, o di un'ipertrofia adenotonsillare, o di una qualunque patologia che restringa il calibro delle vie aeree stesse. Inoltre, nei soggetti obesi, e particolarmente in quelli che presentano un accumulo di grasso a livello del collo, la resistenza delle vie aeree superiori nel sonno tende a essere particolarmente molto più elevata.

La prima conseguenza che si può osservare nel sonno per un alto livello di queste resistenze consiste, quindi, nel russamento dovuto alla vibrazione delle strutture molli faringee. Esso, peraltro, si associa a una riduzione del flusso aereo e consequenzialmente può anche essere causa di un'importante ipoventilazione alveolare in una minoranza di soggetti.

Nei casi estremi, poi, le vie aeree superiori per riduzione dell'attività dei muscoli faringei si restringono a tal punto da collassarsi tanto da dare effetto all'apnea ostruttiva con successione di sforzi inspiratori, inefficaci ai fini della respirazione. Le apnee, in genere, sono molto rare durante il sonno profondo, mentre comunemente hanno una durata più prolungata durante la fase REM. Dal punto di vista fisiopatologico questi eventideterminano ripetute cadute della saturazione ossiemoglobinica associate all’ipercapnia con risvegli corticali che frammentano il sonno. Tutto ciò rappresenta, quindi, un potenziale rischio di numerose complicanze, quali l’ipertensione polmonare e quella sistemica, la cardiopatia ischemica, l’insufficienza cardiaca destra, il reflusso gastro-esofageo, l’ipertensione endocranica, la policitemia.

Con il perdurare di questa esposizione notturna di SDB (Sleep Disorder Breathing), le novanta pause per ora nel sonno sono state considerate il limite massimo per la compromissione della funzione giornaliera, inclusa l’eccessiva sonnolenza diurna, la morbilità comportamentale e cardiovascolare e la mortalità.

Nei riguardi fisiopatologici di tali disturbi sono complesse le interazioni tra il sistema nervoso centrale e quello periferico, con la muscolatura delle vie aeree superiori e con i neurotrasmettitori che possono causare il collasso parziale o totale di una o più parti delle vie aeree superiori. Nella pratica comune bisogna segnalare che condizioni particolari, quali l'anatomia delle vie aeree, la sindrome di Treacher-Collins e l’ipertrofia adenotonsillare della sequenza di Pierre Robin, l’ostruzione nasale, la presenza e la distribuzione del grasso corporeo e il tono muscolare, possono contribuire, individualmente o in combinazione, alla determinazione e alla gravità della sindrome. I dati più recenti suggeriscono, però, che il difetto principale risiede nell’alterazione anatomica collassante delle vie aeree superiori in combinazione con la diminuzione del tono muscolare.

In effetti, la maggior parte dei pazienti con sindrome dell’apnea ostruttiva notturna (OSA) dimostra la chiusura delle vie respiratorie superiori sia a livello del palato molle (rinofaringe) sia a livello della lingua (orofaringe). I dati di ricerca indicano, peraltro, che entrambi i fattori anatomici e neuromuscolari rivestono un ruolo importante. I fattori anatomici (tonsille ipertrofiche, esagerato volume della lingua, dei tessuti molli e delle pareti laterali della faringe), la lunghezza del palato molle, la posizione anomala del mascellare e della mandibola, la riduzione della sezione trasversale delle vie aeree superiori e/o l’aumento della pressione intorno ai flussi aerei predispongono al collasso delle vie respiratorie. D’altro canto, l’attività neuromuscolare delle vie aeree superiori, tra cui quella riflessa, diminuisce con il sonno, potendo diventare più pronunciata nell’OSA.

Resta di fatto, comunque, che il ridotto flusso ventilatorio di uscita per effetto  della lassità dei muscoli delle vie aeree superiori dovrebbe rappresentare l'evento critico di funzionalità che determina l’ostruzione con effetto più pronunciato nei casi di preesistente predisposizione anatomica al crollo. L’instabilità centrale della respirazione è un fattore che contribuisce allo sviluppo dell’apnea centrale del sonno, in particolare nella grave insufficienza cardiaca congestizia. Vi sono, però, evidenze per le quali l’instabilità centrale del respiro contribuisce anche allo sviluppo dell’OSA. Ciò deriva dell’osservazione dell’ostruzione delle vie aeree superiori nell’assenza dell’apnea centrale del sonno, ma anche di riduzione dell'attività dilatatoria della faringe associata al respiro periodico e all’ipocapnia nei soggetti con evidenza di limitazione del flusso inspiratorio.  Pur tuttavia, si aggiunge, anche la dimostrazione che gli uomini, rispetto alle donne, sono più suscettibili allo sviluppo dell’apnea centrale del sonno e che hanno una diminuita reattività di risposta al biossido di carbonio. Da tale ordine di fatti deriva, quindi, la coerenza del risultato dell'aumento della prevalenza dell’OSA negli uomini rispetto alle donne.

Nei pazienti con malattia neuromuscolare vi sono altri fattori che possono predisporre al respiro disordinato nel sonno. Questi includono il coinvolgimento del SNC, la deformità della parete toracica con malattia polmonare restrittiva, la debolezza del diaframma, la maggiore resistenza delle vie respiratorie superiori e la compromissione della chemiosensibilità respiratoria.

Infatti, anche se quasi la metà dei pazienti con OSA ammette di soffrire d’insonnia, raramente menziona il risveglio ansimante, il soffocamento o il respiro corto. Sia il russamento e sia l’aumento di frequenza dei disturbi respiratori sonno-correlati avanzano, comunque, con l'età, almeno fino ai sessanta anni. Gli anziani, di fatto, con effetto sulla salute in genere minimo, mostrano apnea sia centrale e sia ostruttiva con modello, in caso di AHI maggiore di cinque, che somiglia, per quanto riguarda la durata e il grado di desaturazione, all’apnea del sonno tipica. In effetti, sembra che le persone anziane non mostrino alcuna relazione tra l’apnea del sonno e i fattori di rischio tipici, come l'eccesso di peso e una maggiore resistenza delle vie aeree. I meccanismi alla base, pertanto, sono presumibilmente diversi e può riflettersi un graduale aumento dell’instabilità del sonno, che si traduce sia in apnea centrale e sia in OSA.

I principali fattori di rischio dell’OSA

         Diversi fattori di rischio sono stati identificati nello sviluppo dell’OSA ma, senza dubbio, il più forte è l'obesità, come definita dai diversi marcatori tra cui la BMI, la circonferenza della vita e il rapporto vita-fianchi. Altri fattori di rischio comprendono l'età avanzata, il sesso maschile, la menopausa, le anomalie craniofacciali, l’anatomia delle vie aeree superiori, il fumo, l’alcol e la predisposizione genetica. Le vie fisiopatologiche che collegano queste condizioni potrebbero risiedere nelle anormali configurazioni anatomiche dei malati, nell’aumentata disfunzione del muscolo dilatatore della faringe, nell’abbassata soglia del risveglio, nell’aumentata instabilità del controllo della ventilazione e / o della riduzione del volume polmonare.

         La storia familiare e la predisposizione genetica, da qualche tempo, sono state considerate con un ruolo indipendente per lo sviluppo dell’OSA. In effetti, la presenza di parenti di primo grado con la malattia, rispetto a quelli che ne sono privi, aumenta il rischio relativo da 1,5 a 2,0. Peraltro, la suscettibilità familiare aumenta direttamente con la numerosità dei parenti malati. Inoltre, nelle famiglie l’OSA si combina spesso strettamente con l’obesità, per cui la genetica delle due malattie sembra intersecarsi obbligatoriamente. Per di più, l’apolipoproteina E (APOE) 4 si è vista particolarmente associata con l’OSA nei soggetti più giovani. Anche il ripetersi familiare della morfologia delle ossa craniofacciali e quello delle strutture dei tessuti molli rappresentano un altro meccanismo per cui la genetica sembra in grado di influenzare lo sviluppo dell’OSA (vedi la sindrome di Pierre-Robin, la micrognazia, la glosso ptosi, la schisi del palato, il prolasso all'indietro della lingua).

         Nei riguardi dell’età, la prevalenza degli SDB negli anziani sembra osservare un plateau, fermandosi al 10 per cento dopo, i sessantacinque anni. Tuttavia, quando questo indice è controllato per quello della massa corporea, la gravità sembra diminuire con l'età. I meccanismi proposti per l'aumento della prevalenza dell’apnea del sonno negli anziani comprendono la maggiore deposizione di grasso nella zona parafaringea, l’allungamento del palato molle e i cambiamenti nelle strutture che circondano la faringe. Numerosi studi, comunque, utilizzando metodologie diverse, hanno riportato una prevalenza dell’OSA moderata, con AHI eguale o maggiore a quindici, molto variabile con minimi del 7% fino a massimi del 44%. Non sono chiari, peraltro, i motivi per cui la prevalenza dimostra il costante aumento sino ai sessantacinque anni per poi fermarsi. Potrebbero inserirsi problematiche relative al peso corporeo o a condizioni diverse di salute.

         Non è ancora completamente chiaro il motivo per cui l’OSA sia più  comune negli uomini rispetto alle donne. Pur tuttavia nei due sessi, rimane altamente prevalente negli anziani e le differenze di genere diminuiscono significativamente dopo la menopausa. Peraltro, la prevalenza nel sesso maschile è superiore di circa 1,5 sino a tre volte rispetto alle donne. In contrasto con gli uomini, comunque, le donne con simile grado di obesità hanno vie aeree superiori meno collassabili. A giustificare questa differenza, sono state invocate condizioni anatomiche e proprietà funzionali delle vie aeree superiori con differenziali aggiunte nella risposta ventilatoria ai risvegli dal sonno. In effetti, gli studi d’imaging hanno rivelato negli uomini un’aumentata deposizione di grasso perifaringeo. Inoltre, le differenze ormonali potrebbero svolgere anche un ruolo nella predisposizione alla respirazione anomala durante il sonno. In effetti, le donne sono relativamente protette dall’OSA prima della menopausa, anche alla presenza di noti fattori di rischio. In realtà, vi sono dimostrazioni che la prevalenza dell’OSA moderata in post-menopausa sarebbe ben quattro volte maggiore rispetto alla premenopausa e che la terapia ormonale sostitutiva, annullerebbe questa differenza. Questo dato, comunque, si dimostra indipendente dall'età, dall’habitus corporeo e da altri fattori, come l'uso di alcol e lo stato di salute. Alla base di tutto ciò s’ipotizza un ruolo protettivo del progesterone e / o degli estrogeni per il loro impatto sull’attività muscolare del dilatatore delle vie aeree superiori. La terapia ormonale sostitutiva, comunque, nelle donne in post-menopausa non ha dimostrato di essere il trattamento efficace dell’OSA, per cui la cura ottimale è affidata alla sola CPAP (continuous positive airway pressure).

In ultima analisi, alla base della differenza di genere dell’OSA potrebbero rientrare altre ragioni, come difetti di diagnosi legati alla possibilità che gli operatori sanitari non tengono conto dei sintomi tipici nelle donne o perché esse sono meno propense a ricorrere a cure mediche in caso di forte russamento. Questo dato della mancanza di riconoscimento dell’OSA nelle donne può avere, però, un impatto gravoso sulla mortalità.

         In effetti, Terry Young e Laurel Finn dell’University of Wisconsin, Madison – USA nel loro rapporto hanno concentrato la loro attenzione sulla necessità di ricerca epidemiologica sulle differenze di sesso nella storia naturale della SDB (Thorax. 1998 Oct; 53 (Suppl 3): S16–S19).

Gli Autori nella presentazione dei loro dati hanno ribadito che le scoperte suggerivano che le donne con SDB potevano avere una sopravvivenza più scarsa rispetto agli uomini. Le donne con OSA, infatti, dimostravano, rispetto agli uomini, un più elevato tasso di mortalità a cinque anni.

         L’obesità, soprattutto viscerale, costituisce, però, il fattore di rischio più importante per lo sviluppo dell’OSA. A spiegazione di ciò, si sono considerate le alterazioni anatomiche che predispongono all’ostruzione delle vie aeree superiori durante il sonno, determinate dall’aumento dell’adiposità del corpo e intorno alla faringe. Diversi studi hanno analizzato l’associazione dell’OSA con l’obesità e l’aumento di qualsiasi misura dell’habitus corporeo, come la BMI, il rapporto vita-fianchi, o la circonferenza del collo. Le variazioni del peso sono state associate, pertanto, con la progressione e la regressione dell’OSA. Così che, nei soggetti senza OSA o con OSA lieve al basale con AHI <15 a ogni aumento di peso del 10% è corrisposta una probabilità maggiore di sei volte (IC 95%= 2-17) di sviluppo della forma moderata o grave con AHI ≥ 15. Di converso, il 10 per cento di riduzione del peso corporeo si è visto associato con un corrispondente 26 per cento di diminuzione dell’AHI. Peraltro, l'impatto della perdita del peso sulla gravità dell’OSA è supportato dagli studi che hanno valutato gli esiti della chirurgia bariatrica e dai notevoli miglioramenti riportati dagli stessi pazienti sulla frequenza delle apnee, sul russare e sull’EDS.

Di conseguenza, bisogna dedurne che la riduzione del peso rappresenta uno dei più importanti trattamenti dell’apnea del sonno.

         In particolare, Andrew M. Kim dell’University of Pennsylvania, Philadelphia e collaboratori hanno voluto determinare se il grasso della lingua potesse corrispondere in uno studio caso-controllo all’aumentata incidenza dell’OSA negli obesi (SLEEP 2014;37 (10):1639-1648).

A tale proposito è bene ricordare che alcuni studi avevano dimostrato che nell’uomo la lingua è composta di un’alta percentuale di grassi per lo più alla sua base e che il peso linguale e la percentuale del grasso stesso erano stati già positivamente correlati al grado dell’obesità. Peraltro, i topi NZO (New

Zealand Obese) avevano dimostrato che il grasso della lingua aumentato rispetto ai controlli era associato a una riduzione delle vie aeree superiori.

Gli Autori esaminavano, così, il grasso della lingua in trentuno obesi come controlli con indice di apnea-ipopnea 4.1 ± 2.7 eventi / h e in novanta con apnea e indice apnea-ipopnea 43.2 ± 27.3 eventi / h. Ripetevano le analisi in un sottocampione di diciotto casi-controllo accoppiati per genere, razza, età, indice di massa corporea.

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I dati supportavano le ipotesi avanzate a priori. Dopo aggiustamento per età, indice di massa corporea, sesso e razza, la lingua nei soggetti apneici, rispetto ai controlli, aveva significativamente maggiore volume (P = 0,001) e più rilevante quantità di grasso (P = 0,002). Risultati simili si osservavano nel campione abbinato. I dati dimostravano anche che all'interno dell’organo, sia negli apneici e sia in quelli senza il disturbo, vi erano differenze regionali nella distribuzione del grasso. I depositi più abbondanti corrispondevano, di fatto, alla base dell’organo.

         In conclusione, il volume aumentato della lingua e la più alta deposizione del grasso alla sua base nei soggetti apneici rispetto ai controlli, secondo gli Autori, potevano cominciare a spiegare il rapporto tra l’obesità e l’apnea ostruttiva del sonno.

         Le anomalie cranio-facciali e l’alta circonferenza del collo possono alterare le proprietà meccaniche strutturali delle vie aeree superiori.  Possono anche spiegare alcune differenze del rischio di OSA in diversi gruppi etnici. Diversi studi hanno, di fatto, accertato che le anomalie craniofacciali sono importanti nella patogenesi dell’OSA, in particolare in quei pazienti non obesi.

         Il fumo si è dimostrato un fattore di rischio per l’OSA, associandosi a una più alta prevalenza del russare e degli SDB. Di certo, il fumo interviene con l’infiammazione e i danni strutturali e funzionali delle vie aeree superiori che aumentano il rischio di collassabilità durante il sonno.

         Anche il consumo di alcol agisce come fattore di rischio per l’OSA. Esso rilassa il muscolo dilatatore delle vie aeree superiori, aumenta la resistenza delle stesse e può indurre l’OSA nei soggetti sensibili. Inoltre, l’assunzione di alcool può prolungare la durata dell’apnea, sopprimere i risvegli, aumentare la frequenza degli episodi occlusivi e peggiorare la gravità dell’ipossiemia.

         Alcuni studi hanno, infine, riportato differenze etniche nella prevalenza e nella gravità dell’OSA, ma i dati non offrono precisione e significatività di espressione. Pur tuttavia, alcune differenze costituzionali, soprattutto legate alla conformazione cranio-facciale, potrebbero predisporre alcuni gruppi etnici più di altri alla malattia.