EMICRANIA E RISCHIO VASCOLARE
Enrico Bologna
Specialista in Medicina Interna, Gastroenterologia e Patologia generale.
Già Primario Ospedale Fatebenefratelli, Isola Tiberina, Roma.
Libero docente in Patologia Medica, Università di Roma “Sapienza”.
Migraine and vascular risk.
From several decades observations have been published on the association between migraine and vascular events, both cerebral and coronary. This risk mainly concerns the cases in which the headache is preceded by aura. The mechanisms underlying this association are still under discussion, as well poorly known is the pathogenesis of the migraine. Here is presented a brief review of the main contributions on the subject, along with some practical suggestions for the therapy.
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L‘emicrania è una frequente forma di cefalea ad andamento cronico o intermittente caratterizzata da episodi di dolore intenso in genere ad inizio occipitale, spesso unilaterale, talora con transitoria perdita di coscienza, accompagnati da disfunzioni del sistema nervoso autonomo. In una parte dei casi la cefalea è preceduta da sintomi nervosi transitori noti come aura emicranica (emianopsie, vertigini, atassia, disartria, parestesie). La durata dell’aura non supera di solito i 45 minuti.
Il rilievo di una elevata frequenza di ictus in donne affette da emicrania ha portato, già oltre 40 anni fa, a sospettare che questa condizione possa rappresentare un fattore di rischio per la vascolopatia cerebrale 3. Vari studi hanno successivamente confermato una maggior frequenza di ictus ischemico in soggetti con emicrania, soprattutto se accompagnata da aura 3,14,17,38.
In un più recente studio condotto in Olanda su 5.755 persone di entrambi i generi, di età 20-65 anni, partecipanti al Genetic Epidemiology of Migraine (GEM) Study furono identificati 620 soggetti con emicrania, di cui il 31% con aura; 5.136 soggetti esenti da emicranie rappresentarono il gruppo di controllo. In entrambi i gruppi furono ricercati i principali fattori di rischio cardiovascolare (pressione arteriosa, colesterolemia totale e HDL, fumo, uso di contraccettivi orali, rischio per infarto del miocardio o morte per coronaropatia secondo punteggio di Framingham). In confronto con i controlli, i soggetti emicranici erano più spesso fumatori, meno spesso consumatori di alcolici e più spesso avevano familiarità di infarto miocardico precoce. Gli emicranici con aura presentavano più spesso un profilo lipidico sfavorevole, ipertensione arteriosa ed anamnesi positiva per coronaropatia o vasculopatia cerebrale precoci. Le donne emicraniche con aura erano più spesso utilizzatrici di contraccettivi orali. Fra le donne emicraniche con aura la presenza di un elevato punteggio di rischio alla scala di Framingham risultava due volte più frequente rispetto ai controlli 7,32.
In varie altre ricerche su pazienti emicranici sono state inoltre rilevate alterazioni del sistema coagulativo, maggior frequenza del Fattore V Leiden, alterazioni del metabolismo della serotonina e dei folati con aumento della omocisteina; è stata inoltre rilevata maggior frequenza di polimorfismo del gene di ACE (allele D), che è associato a maggior rischio di coronaropatia giovanile 6,12,23,31,32,36. Sono state inoltre segnalate coincidenza fra episodi emicranici e infarto del miocardio 19,41, anche se una associazione tra questi due fenomeni non è stata confermata con sicurezza; appare invece appare possibile quella con angina variante e con sindrome di Raynaud 30. In una osservazione su soggetti partecipanti al Women’s Health Study l’emicrania non è risultata associata a coronaropatia dopo una osservazione di 6 anni 4, ma il numero di eventi registrato in quella ricerca era troppo limitato per trarre conclusioni attendibili.
Nel loro insieme, queste osservazioni hanno indotto già da tempo i ricercatori a ritenere plausibile l’ipotesi che l’emicrania, soprattutto se accompagnata da aura, possa associarsi ad eventi vascolari cerebrali e, forse, anche coronarici.
Per quanto riguarda il rapporto con gli incidenti ischemici cerebrali, questa ipotesi ha trovato un autorevole sostegno, poco più di 10 anni fa, nella pubblicazione delle linee-guida AHA/ASASC 2006 sulla prevenzione dell’ictus ischemico. In queste linee-guida, infatti, l’ emicrania è stata inserita tra le numerose condizioni riconosciute come fattori di rischio dell’ictus. Per l’esattezza, queste linee guida distinguono fattori di rischio non modificabili (età, genere, basso peso alla nascita, etnia, fattori genetici); fattori modificabili ben documentati (ipertensione arteriosa, fumo di sigarette, diabete mellito, fibrillazione atriale, dislipidemie, stenosi dell’arteria carotide, anemia falciforme, terapia ormonale postmenopausale, malnutrizione, inattività fisica, obesità). Accanto a questi sono riportati fattori di rischio meno ben documentati o potenzialmente modificabili fra cui sindrome metabolica, abuso etilico, uso di droghe, contraccettivi orali, sindrome dell’apnea da sonno, iperomocisteinemia, iperlipoproteinemia(a) ed emicrania 8.
Una ampia metanalisi condotta su 21 studi (13 studi caso-controllo e 8 studi di coorte) relativi ad un totale di 622.381 soggetti, ha mostrato che il rischio di ictus ischemico nei soggetti affetti da emicrania è oltre il doppio rispetto ai soggetti non emicranici (OR 2,04, 95% CI, 1,72-2,43). In questa metanalisi l’associazione tra emicrania e ictus è risultata più stretta nei soggetti con aura emicranica e nelle donne, anche se la significatività di queste differenza non può essere definita data la mancanza di studi separati 37.
In una ricerca su 1.180 soggetti con TIA o ictus l’anamnesi di emicrania è risultata significativamente più frequente nei casi in cui l’evento era classificato come criptogenico rispetto a quelli con etiologia nota (OR 1,73, 95% CI, 1,38-2,16. P < 0,0001). Questa differenza è apparsa correlata all’età dei pazienti 26.
In uno studio condotto su 968 soggetti cinesi di entrambi i generi e di età 55-70 anni con ictus cerebrale (embolico nel 23,5% dei casi), anamnesi di emicrania era presente nel 17,15%, mentre in una popolazione di controllo solo il 3,9% erano emicranici (p< 0,01). Sia nei pazienti sia nei controlli era prevalente emicrania senza aura (oltre 80%) 25.
In un gruppo di 90 soggetti affetti da emicrania il 32% ha mostrato alla RM la presenza di lesioni iperintense silenti, a sede prevalentemente sopratentoriale e nell’emisfero destro. Alla elaborazione statistica queste lesioni sono risultate indipendenti dai fattori di rischio vascolare, mentre sono risultate significativamente più frequenti nei soggetti con emicrania protratta 40.
Su 1.292 soggetti arruolati nel Northern Manhattan Study il rischio di ictus è apparso maggiore in quelli con anamnesi di emicrania rispetto ai soggetti non emicranici (OR 3.17 95% C] 1.13-8.85 vs 0.77 95% CI 0.44-1.35). La differenza è risultata però significativa solo per i soggetti fumatori 27.
In una ricerca condotta su 124.558 pazienti chirurgici (età media 52.6 anni; 54.5% donne)10.179 erano affetti da emicrania, di cui 1.278 (12,6%) con aura. Il rischio di ictus ischemico perioperatorio (entro 30 giorni dall’intervento) è risultato maggiore nei pazienti emicranici (AOR 1,75, 95% CI, 1,39 – 2,21) rispetto ai non emicranici. Il rischio è apparso nettamente èiù elevato per gli emicranici con aura (AOR 2,61, 1,59 – 4,29) rispetto a quelli senza aura (AOR1,62, 1,26 -2,09). Tradotto in termini di rischio assoluto previsto di ictus ischemico perioperatorio questo valore, pari a 2,4 (2,1 – 2,8) ogni 1.000 pazienti nella popolazione generale, aumenta a 4,3 (3,2 – 5,3) per i soggetti con ogni tipo di emicrania ed a ben 6.3 (3,2 – 9,5) negli emicranici con aura 39.
Uno studio ha posto a confronto 202 soggetti consecutivi (età 15-50 anni) con diagnosi di ictus ischemico con 250 soggetti confrontabili per età e genere ma senza storia di ictus. Nel gruppo di pazienti la causa dell’ictus era indeterminata nel 43,1% mentre la causa nota più frequente era rappresentata da cardioembolismo (22,3%). Anamnesi di emicrania è risultata presente nel 30,5% dei soggetti con ictus e solo nel 16,8% dei soggetti sani (p = 0,001). La differenza era ancora maggiore per quanta riguarda l’emicrania con aura: 18,3 vs 4,4, p = 0,0001. Alla regressione logistica l’emicrania con aura è risultata come un fattore indipendente di rischio per ictus ischemico nelle donne (p = 0,009) ma non negli uomini (p = 0,107) 1.
Ma anche i sospetti sull’esistenza di una connessione tra emicrania e coronaropatie hanno cominciato a trovare sostegno in varie osservazioni. Già dal 2006 in due ampi studi erano state rilevate associazioni tra emicrania e cardiopatie coronariche 34. L’anno successivo dai risultati del Women’s Study è emerso che nei soggetti emicranici con aura vi è maggior rischio relativo di infarto del miocardio, necessità di rivascolarizzazione coronarica, angina e morte vascolare 15. Analogo risultato è emerso in uno studio condotto su una popolazione maschile, limitatamente al rischio di infarto del miocardio 16.
Nel 2009 una metanalisi di 25 ricerche, accuratamente selezionate per attendibilità sulle 5.746 fino ad allora pubblicate sull’argomento, dimostrò un maggior rischio cardiovascolare nei soggetti emicranici (OR 1,73 CI 95%, 1,31-2,29), rivelando inoltre che il rischio era nettamente più elevato nei casi con aura (OR 2,16, CI 95%, 1,53-3,03 34.
Nello studio WISE (Woman’s Ischemia Syndrome Evaluation) 917 donne con ischemia miocardica sono state seguite per una mediana di 9,5 anni. In 224 soggetti (24,4%) era presente anamnesi di emicrania. In questo sottogruppo il rischio di eventi cardiovascolari (morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, insufficienza cardiaca, ictus) era più elevato (HR 1,83 CI 1,22 -2,75) Il maggiore aumento di rischio associato all’emicrania è risultato quello per ictus (HR 2,33 CI 1,16-4,68). 29.
Uno studio condotto su una coorte di 115.541 donne di età 25-42 anni, seguite per oltre 20 anni nell’ambito del Nurses’ Health Study II, ha valutato il rapporto tra emicrania e malattie cardiovascolari. 17.531 donne (15,2%) presentavano anamnesi di emicrania. In confronto con le donne senza emicrania le prime hanno presentato un più elevato rischio di eventi cardiovascolari maggiori (OR 1,59, CI 95%, 1,33-1,69), di infarto del miocardio (1,39, 1,18-1,64), di ictus cerebrale (1,62, 1,37-1,92), di angina/ o necessità di rivascolarizzazione (1,73, 1,29-2,32), e di mortalità cardiovascolare (1,37, 1,02-1,83). L’associazione era presente indipendentemente da fattori di rischio quali età, fumo, ipertensione, uso di contraccettivi orali e terapia estrogenica postmenopausale 18.
Nonostante la notevole frequenza dell’emicrania e il notevole numero di studi dedicati alla sua fisiopatologia, i meccanismi patogenetici di questo tipo di cefalea sono ancora poco noti. Fino ad epoca relativamente recente la sequenza sintomatologica emicranica è stata interpretata, secondo una “teoria vascolare”, come conseguente ad un disturbo funzionale primario delle arterie cerebrali e meningee: secondo questa teoria i sintomi focali erano considerati dipendenti da vasocostrizione, mentre la cefalea era ritenuta espressione di una reazione infiammatoria attorno alle pareti di arterie successivamente dilatate. Questa interpretazione è stata messa in discussine già da molti anni e anche recentemente non ha trovato conferma nei risultati del Third Nord-Trøndelag Healthy Study (HUNT3), che ha valutato la funzione endoteliale con il metodo non invasivo flow-mediated dilatation in 4.739 soggetti sani a confronto con 3.929 emicranici. Nessuna correlazione è stata infatti rilevata fra disfunzione endoteliale e presenza di emicrania 20.
Attualmente l’attenzione di molti ricercatori è rivolta soprattutto alle complesse e ancora poco note interazioni fra endotelio vascolare e neuroni: nei vasi sono infatti presenti cellule capaci sia di liberare sia di rispondere a numerosi mediatori, comprendenti fattori di crescita, citochine, ATP e NO. Molti di questi mediatori svolgono sui neuroni azioni che possono contribuire alla patogenesi dell’emicrania. D’altra parte, i neuroni liberano fattori come noradrenalina e Calcitonin Gene-Related Pepetide (CGRP), entrambi attivi sull’endotelio arterioso. Su questa intercomunicazione neurovascolare si rivolgono attualmente molte ricerche relative all’emicrania 13.
In realtà già da molti decenni si era cominciato a sospettare che l’emicrania dipendesse da un disturbo primitivamente neurologico e che le alterazioni vascolari andassero considerate come secondarie. Fin dagli anni ‘40, infatti, le ricerche di Lashley 21 e successivamente quelle di Leão 24 avevano permesso di stabilire che la lenta progressione dell’aura visiva era dipendente da un’onda di eccitazione corticale, definita spreading depression, che si muove alla velocità di circa 3 mm/min, seguita da un più lungo periodo di inibizione. Questo fenomeno determinerebbe sia l’aura sia l’emicrania incentivando le afferenze trigeminali e attivando le metalloproteinasi della matrice. Ne conseguirebbero alterazioni della permeabilità della barriera ematoencefalica con stimolazione della algosensibilità meningea e quindi la cefalea 9.
La spreading depression è stata successivamente riconosciuto quale fattore coinvolto non solo nell’emicrania, ma anche nell’evoluzione di lesioni cerebrali ischemiche e traumatiche; in altri termini, si ritiene attualmente che sia nell’emicrania sia nelle lesioni cerebrali ischemiche e traumatiche entri in gioco uno stesso fenomeno di depolarizzazione massiva dei neuroni e degli astrociti presenti nel territorio interessato. Le alterazioni della reattività e della permeabilità ionica delle pareti vascolari conseguenti a questo fenomeno sono state successivamente confermata da tecniche di neuroimaging sia in soggetti con lesioni cerebrali ischemiche e traumatiche, sia in corso di episodi emicranici 22. E’ interessante segnalare che un fenomeno analogo alla spreading depression è stato rilevato anche in corso di amnesia globale transitoria (che sia pur raramente può accompagnare l’emicrania)b 42.
Allo stato attuale delle ricerche, in attesa che i rapporti fra emicrania e malattie vascolari vengano ulteriormente chiariti, nella pratica quotidiana vi sono due aspetti che occorre tenere presenti.
Il primo riguarda l’opportunità di considerare ogni paziente emicranico, in particolare con emicrania a lungo persistente e soprattutto preceduta da aura, come un soggetto a possibile maggior rischio di eventi cerebro e cardiovascolari.
Un secondo aspetto pratico riguarda il trattamento farmacologico dell’emicrania nei pazienti con vascolopatia cerebrale o coronarica. In questi soggetti è infatti sconsigliato l’uso di farmaci aventi proprietà vasocostrittrici ovvero capaci di interferire con l’emocoagulazione. Si devono perciò evitare i triptani e i derivati ergotaminici mentre, per non accrescere il rischio di eventi emorragici cerebrali, si deve sconsigliare l’uso di aspirina e di FANS 2,10,28. In questi casi, se gli episodi emicranici sono molto intensi e/o frequenti, può essere opportuno valutare il ricorso a trattamenti non farmacologici, quali la stimolazione del vago o del nervo occipitale, ovvero la stimolazione transcutanea sopraorbitale 33. Va ricordato, per completezza, che negli emicranici anche gli antidepressivi SSRI sono stati sconsigliati perché considerati capaci di favorire le emorragie cerebrali per la loro azione inibente la ricaptazione della serotonina da parte delle piastrine 35. Questo timore, peraltro, è stato recentemente ridimensionato in quanto derivante da osservazioni di limitata attendibilità 11.
I progressi nelle conoscenze fisiopatologiche sopra ricordati potrebbero portare a nuove possibilità terapeutiche nell’emicrania. Ai farmaci già proposti o sperimentati per agire su vari bersagli (canali di Na⁺, K⁺, Cl⁻ e Ca²⁺, Na⁺/K⁺ -ATPase, recettori adrenergici, serotonina, calcitonin gene-related peptide (CGRP), GABAA e recettori del glutamato potrebbero aggiungersi bloccanti del recettore di, N-metil-d-aspartato (NMDA) come la ketamina, che si è dimostrata efficace nell’ostacolare la spreading depression 42.
Riassunto
Da alcuni decenni sono state pubblicate numerose osservazioni sull’associazione yta emicrania con ed eventi vascolari sia cerebrali sia coronarici. Questo rischio riguarderebbe soprattutto i soggetti in cui l’emicrania è preceduta da aura. I meccanismi alla base di questa associazione sono ancora in discussione, così come ancora in parte ignota à la patogenesi della stessa emicrania. Viene qui presentata una breve rassegna dei principali contributi sull’argomento, insieme con alcuni suggerimenti di ordine pratico in tema di terapia.
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