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notiziario Febbraio 2012 N°2 - DEPRESSIONE COME MALATTIA SISTEMICA II° parte - Il questionario per il paziente depresso PHQ-9

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Indice
notiziario Febbraio 2012 N°2 - DEPRESSIONE COME MALATTIA SISTEMICA II° parte
IL MODELLO FISIOPATOLOGICO DELLA DEPRESSIONE
l'ipotesi aminergica della depressione
la base neurochimica della depressione
Depressione, infiammazione e sistema immunitario
Depressione, infiammazione e sistema immunitario
CLASSIFICAZIONE DELLA DEPRESSIONE
DIAGNOSI DELLA DEPRESSIONE
Il questionario per il paziente depresso PHQ-9
La diagnosi differenziale della depressione
Tutte le pagine

Il questionario per il paziente depresso PHQ-9

Il PHQ-9 (The 9-item Patient Health Questionnaire), relativamente facile da usare, è un breve questionario che conferisce i punteggi a ciascuno dei nove criteri del DSM-IV-TR per la depressione da "0" (assenza completa) a "3" (quasi ogni giorno). Il punteggio di dieci o più ha una sensibilità dello 88% e una specificità dello 88% per la depressione maggiore, mentre quelli di cinque, dieci, quindici e venti rappresentano condizioni lievi, moderate, moderatamente gravi e gravi.

Da notare a tale proposito che la revisione aggiornata delle prove di screening per la depressione nelle cure primarie dell’United States Preventive Services Task Force ha rilevato che tali programmi hanno maggiore probabilità di efficacia con il supporto di personale d'assistenza, coordinato dallo specialista di salute mentale.
Phelan E dell’University of Washington e collaboratori hanno condotto uno studio prospettico di accuratezza diagnostica su settantuno pazienti, per due terzi femmine di età dai sessantacinque anni e oltre, di età media di settantotto e con due condizioni croniche di salute, usando il PHQ-9 e il 15-item GDS (Geriatric Depression Scale), seguiti dallo SCID (Structured Clinical Interview for Depression).
Il dodici per cento dei partecipanti incontrava i criteri SCID per la depressione maggiore e il 13% per la minore. Il PHQ-9 aveva un'AUC (area under the curve) di 0,87 (95% intervallo di confidenza [IC], 0,74-1,00) per la depressione maggiore, mentre il PHQ-2 e il 15-item GDS di 0,81 (IC 95% per PHQ-2, 0,64-0,98 e per il 15-item GDS, 0,70-0,91, p = 0,551). Per la depressione maggiore e minore combinate l'AUC per il PHQ-9 era 0,85 (IC 95%, 0,73-0,96), per il PHQ-2, 0.80 (IC 95%, 0,68-0,93) e per i 15-item GDS , 0,71 (IC 95%, 0,55-0,87, p = 0,187). In conclusione, sulla base dei valori dell’AUC, il PHQ-9 si comportava in modo paragonabile al PHQ-2 e al 15-item GDS nell'identificare la depressione degli anziani nelle cure primarie. In effetti, il questionario PHQ-99 si offre come una scala di depressione promettente, già convalidato nelle popolazioni più giovani. Dopo tale studio si propone anche come strumento efficace negli anziani che si rivolgono alle cure sanitarie di assistenza primaria. Il PHQ-9, peraltro, è il primo
questionario autogestito che riflette i criteri diagnostici del DSM-IV e che, quindi, attraverso l'esame del modello e numero degli elementi approvati, può essere utilizzato come strumento diagnostico per la depressione maggiore e minore (BMC Fam Pract. 2010 Sep 1;11:63).

Peraltro, come dimostrato nella tabella, il PHQ-9 e 15 -GDS riportavano dati simili per ambo i sessi, mentre nel PHQ-2 l'AUC era più bassa per le donne. Inoltre, Il PHQ-9 appariva un po' più discriminante per gli under ottanta anni, mentre gli altri due strumenti avevano un comportamento comparabile per i sottogruppi d’età. E ancora i valori dell’AUC per il PHQ-9 e il PHQ-2 erano più alti nei casi con meno di tre comorbidità, 0,93 e 0,92rispettivamente, mentre quelli del 15 GDS erano uniformi, indipendentemente dal peso della complessità della malattia.
In aggiunta a quanto segnalato, è importante segnalare che la HRSD (Hamilton Rating Scale for Depression), nota anche in forma abbreviata come HAM-D, è un questionario a scelta multipla per valutare la gravità della depressione maggiore di un paziente, pubblicata originariamente da Hamilton M e di poi continuamente aggiornata (Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry. 1960).

È bene, comunque, ricordare che i pazienti con disturbo depressivo maggiore possono inizialmente non denunciare l’umore depresso, l’anedonia o altri sintomi tipici. Nell'ambito delle cure primarie, che rappresentano il loro primo impatto di cura, il depresso lamenta spesso disturbi somatici, come stanchezza, mal di testa, fastidi addominali o cambiamento di peso. Più che tristezza o umore depresso può lamentare irritabilità e, se anziano, confusione o declino generale funzionale, disturbi cognitivi e anche stato d'animo triste.
È riferito anche uno stato disforico, possibilmente espresso come tristezza, pesantezza, intorpidimento o, talvolta, irritabilità e sbalzi d'umore. Sono anche spesso segnalati la perdita d’interesse o del piacere nelle proprie attività quotidiane, la difficoltà di concentrazione o il cedimento delle energie e il crollo delle motivazioni. Il pensiero è spesso rivolto al negativo con convinzione d’inutilità, disperazione o impotenza. Nel contesto della depressione unipolare può verificarsi la psicosi, solitamente rispondente nel suo contenuto allo stato d'animo del paziente per cui, ad esempio, può affiorare il delirio d’inutilità o di qualche progressivo declino fisico. In tal caso, occorre eseguire un'attenta valutazione per escludere un disturbo bipolare o la schizofrenia o un disturbo schizoaffettivo o un abuso di sostanze o una sindrome cerebrale organica.

Pur non essendo presenti reperti fisici specifici nel disturbo depressivo maggiore, tanto che la diagnosi si basa sulla storia e l'esame dello stato mentale (vedi tabella), tuttavia bisogna sempre includere una valutazione medica per scartare qualsiasi condizione organica.

George Papakostas del Massachusetts General Hospital in Boston e collaboratori, proprio commentando che la diagnosi di depressione è tradizionalmente basata sui sintomi riferiti dai pazienti, con la pretesa di aggiungere un test oggettivo biologico per potenziarne l'accuratezza in aiuto anche al monitoraggio della risposta al trattamento del singolo paziente, hanno cercato di sviluppare un particolare tipo di test (Mol. Psychiatry, (13 December 2011) | doi:10.1038/mp.2011.166). I ricercatori sono stati, difatti, stimolati dall’effettiva necessità di una migliore performance diagnostica con lo sviluppo arduo e sfuggente di un test diagnostico per il DDM. Hanno, così, arruolato trentasei pazienti con disturbo depressivo maggiore tra i diciotto e i sessantacinque anni, di età media 42,5, nel 63,9% uomini, con indice di massa corporea medio (IMC) di 27.7 Kg/m2, confrontandoli con quarantatré sani non depressi nel 32,6 per cento uomini, di età media trenta anni, con IMC 24.4 Kg/m2. In tutti i partecipanti sono stati misurati nove biomarcatori sierici relativi all’infiammazione, all’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, alla neurogenesi e al metabolismo (α1-antitripsina, cortisolo, apolipoproteina CIII, fattore di crescita epidermico, BDNF (brain-derived neurotrophic factor), mieloperossidasi, TNF-R2 (Soluble Tumor Necrosis Factor receptor type II), prolattina, resistina). I valori delle singole analisi sono stati combinati matematicamente per ottenere un DDMScore. Un test positivo è stato definito da un MDDScore di cinquanta o superiore. 33 malati presentavano un test positivo contro otto dei partecipanti non depressi. La sensibilità e la specificità del test nel differenziare i due gruppi erano 91,7% e 81,3% rispettivamente. Nello studio di replica, trentuno dei trentaquattro pazienti con disturbo depressivo maggiore avevano un punteggio positivo e il test mostrava una sensibilità e una specificità del 91,1% e 81%. I limiti dello studio, citati dagli autori, includevano, però, il piccolo numero dei partecipanti sani non depressi, di controllo.



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