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Notiziario Novembre 2010 N°11 - Peculiarità dei disturbi del sonno nelle donne

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Indice
Notiziario Novembre 2010 N°11
Deprivazione del sonno ed espressione emotiva
Privazione di sonno, spia di sonnambulismo
Conseguenze metaboliche della restrizione cronica di sonno
Durata del sonno e sensibilità insulinica
Sforzi per la perdita di peso vanificati dal poco sonno
Durata del sonno e rischio cardiovascolare
Disturbi del sonno e tasso di mortalità
Differenze della deprivazione cronica del sonno con l’età
Il fumo in gravidanza pregiudica la durata del sonno del nascituro
Obesità della prima infanzia e brevità di sonno notturno
Sonno, apporto calorico, insulinoresistenza e IMC in adolescenti
Perdita di sonno e consumo di droga negli adolescenti
Diffusione dinamica della felicità nella rete sociale del Framingham Heart Study
Peculiarità dei disturbi del sonno nelle donne
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Peculiarità dei disturbi del sonno nelle donne

Le donne, rispetto agli uomini, presentano probabilità doppia di difficoltà ad addormentarsi e di mantenere il sonno, con risultati di scarsa qualità della vita.  Le differenze, però, diventano significative dopo la pubertà. Condizioni ormonologiche, problemi psicologici, depressione ed anche sindromi dolorose rappresentano i fattori causali più comuni. Peraltro, la sindrome delle gambe senza riposo (RLS) si riscontra più diffusamente, verificandosi a tassi più elevati durante la gravidanza.In particolare, gli steroidi sessuali svolgono un ruolo eziologico sia per un effetto diretto sui processi del sonno stesso sia attraverso il loro effetto sull'umore e lo stato emotivo. Difatti, gli steroidi sessuali influenzano il sonno EEG durante la fase luteale aumentandone la frequenza, insieme all’elevazione della temperatura corporea. La progressiva riduzione e mancanza di estrogeni con l’età, che assume anche un ben preciso ruolo nell'eziologia dell’apnea notturna, contribuisce, inoltre, alla messa in scena dei sintomi vasomotori, come le vampate di calore, determinanti in tal senso. Peraltro, anche i disturbi psichiatrici, e in particolare quelli dell'umore, come pure le condizioni di dolore cronico, si associano costantemente con l'insonnia.

Le donne soffrono spesso di:

  1. Sonno disturbato per vari gradi di ostruzione faringea che vanno dall’UARS (upper airway resistance syndrome) all’OSA (obstructive sleep apnea syndrome), risultante dell’alta pressione negativa generata dallo sforzo inspiratorio e il fallimento dei muscoli dilatatori delle vie aeree superiori. I fattori concausali di tale condizione sono soprattutto l’obesità, ma anche l’atonia muscolare e varie anomalie anatomiche che possono occludere le vie aeree, come le tonsille, la macroglossia. L'obesità è un fattore di rischio noto per l’OSA e le donne che ne soffrono sono probabilmente più obese degli uomini, anche se la distribuzione del grasso è differente. Esse, peraltro, dimostrano piuttosto eventi ostruttivi parziali (ipopnee), rispetto all’OSA completae la durata delle ipopnee, quando presenti, tendono a essere minori che negli uomini.Particolare rilievo assume la menopausa in cui l’OSA, per lo più evidente durante il sonno REM e a parità d’età meno grave che negli uomini, aumenta sia in prevalenza, assestandosi a circa il doppio rispetto alla premenopausa, sia in gravità.
  2. RLS (sindrome delle gambe senza riposo), su sospetta base genetica nella forma primaria, e PLMD (periodic limb movement disorder), disturbi idiopatici che possono causare un profondo sconvolgimento. La RLS è, difatti, un disturbo che si verifica di solito prima dell'inizio del sonno e si associa a dolore ai polpacci, provocando irrequietezza nelle gambe che si attenua con il movimento. La PLMD, che si verifica durante il sonno, è caratterizzata da isolati movimenti periodici degli arti inferiori, di solito seguiti dal risveglio.
  3. Narcolessia, contrassegnata da: sonnolenza diurna, allucinazioni ipnagogiche, cataplessia, paralisi del sonno. Queste caratteristiche sono strettamente legate alle caratteristiche normalmente presenti durante i movimenti oculari rapidi (REM).
  4. Disturbi del ritmo circadiano, di cui il più comune è il DSP(delayed sleep phase syndrome) con esordio tipico durante la pubertà,contraddistinto da un ritardo significativo di 3-4 ore, sia nel tempo di andare a dormire sia di svegliarsi alla presenza di un normale tempo totale di sonno totale. Esso può, peraltro, riguardare anche un cronotipo serale con preferenza individuale per una maggiore attività durante la notte.

Gangwisch JE e collaboratori del Department of Psychiatry, Columbia University, New York, sulla premessa della giàdimostrata associazione trala brevità del dormire con l’incidenza dell’ipertensione, considerando che la pressione arteriosa cala del 10-20% durante il sonno per cui tale condizione potrebbe trovare spiegazione attraverso adattamenti strutturali del sistema cardiovascolare portato a funzionare a un equilibrio di pressione elevata, sulla base che la limitazione di sonno sperimentale si è rilevata tale da ridurre la leptina, aumentare la grelina, il colesterolo, l'appetito, compromettere la sensibilità all'insulina, derivandone da tutto ciò obesità, diabete, ipercolesterolemia, potenti fattori di rischio per l’ipertensione, hanno svolto uno studio longitudinale dal 1986 al 2006 con analisi multivariata di regressione di Cox nelle donne del Nurses’Health Study (n = 61.538) per verificare se la durata del sonno si associasse con l'incidenza dell'ipertensione (n = 30.260) e se obesità, diabete, ipercolesterolemia agissero come mediatori di questo rapporto (Jounal of sleep and sleep disorders research,2010, Vol. 33).In confronto al sonno di 7 ore, quello ≤ 5 (HR = 1,10, CI 95% 1,04-1,17) e di 6 (HR = 1.06, CI 95% 1,03-1,10) si associavano a un piccolo ma significativo aumento del rischio d’incidenza d’ipertensione dopo controllo per età, razza/etnia, attività fisica, consumo di sale, alcol e fumo. L'obesità si è dimostrata mediatrice di tale relazione e la sua inclusione nel modello multivariato attenuava sensibilmente i risultati per il sonno ≤ 5 ore (HR = 1.06, 95% CI 1,00-1,13) e di 6 ore (HR = 1,04, IC 95% 1,01-1,08), cosa che non si evidenziava con il diabete e l’ipercolesterolemia. Gli AA. concludevano, pertanto, che i loro risultati erano coerenti con l’asserzione che l'obesità agisce come mediatore nel rapporto tra la durata del sonno e l'incidenza d’ipertensione.



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