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notiziario aprile/maggio 2011 n°4 - CONOSCERE L'INSONNIA PER MEGLIO COMBATTERLA - Le benzodiazepine nella cura dell'insonnia

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Indice
notiziario aprile/maggio 2011 n°4 - CONOSCERE L'INSONNIA PER MEGLIO COMBATTERLA
Note introduttive sull'insonnia
Definizione dell'insonnia
Le varie forme dei disturbi del sonno
Durata dell'insonnia
Epidemiologia dell'insonnia
L'eziologia dell'insonnia
La valutazione del sonno
Quale strategia nella cura dell'insonnia cronica primaria?
I trattamenti non farmacologici nell'insonnia
Gli obiettivi di cura e i principi d'igiene del sonno
Il farmaco ipnotico ideale
Le benzodiazepine nella cura dell'insonnia
Tutte le pagine

Le benzodiazepine nella cura dell'insonnia

Attualmente, alle benzodiazepine e agli agonisti dei loro recettori si riconoscono le proprietà farmacologiche più efficaci. In effetti, esse hanno azione ansiolitica, ipnotica, rilassante della muscolatura scheletrica, anticonvulsivante. Pur tuttavia, agiscono sullo stato di coscienza, presentando anche una condizione di tolleranza e di dipendenza. Sulla base dell'effetto farmacologico il loro uso terapeutico è rivolto a sedare gli stati di ansia e a combattere l'insonnia, preferendole ai barbiturici. Sono anche usate nel trattamento di alcune forme di epilessia e per indurre anestesia basale, come nel caso del diazepam endovena. Il meccanismo d'azione delle BDZ si realizza soprattutto in base al loro effetto farmacologico di facilitare la trasmissione GABAergica nel cervello. Il GABA (acidoγ-aminobutirrico), com'è noto, rappresenta il principale neurotrasmettitore inibitore nel sistema nervoso centrale, i cui terminali nervosi, circa nella quota di 1/3, lo rilasciano. Peraltro, sono stati identificati diversi tipi di recettori GABA, come ad esempio i GABA A e i GABA B. Le BDZ facilitano le azioni del GABA sui recettori GABA A, costituiti da sub unità α, ϐ, γ, ð, di cui, peraltro, esistono diversi sottotipi, potendosi avere multiple possibili combinazioni.

In minor misura sono considerati gli agonisti dei recettori della melatonina e gli antidepressivi, scelti sulla base dei fattori specifici del paziente, quali l'età, la durata del trattamento proposto, i disturbi del sonno primari, la storia di abuso di droghe o alcool e il loro costo. Sono anche praticate, al di fuori della medicina convenzionale, l'agopuntura, l'omeopatia, la fitoterapia. In definitiva si può affermare che tutti i farmaci con brevetto d'uso sono, in genere, efficaci e da preferire in ragione delle caratteristiche legate al paziente.

Così, ad esempio, in un paziente con prevalente difficoltà d'induzione del sonno può essere opportuno un farmaco ad azione più breve, mentre, in caso di risvegli durante la notte, sarebbe da preferire un farmaco ad azione prolungata. In particolare, la scelta di una BZD per i vari usi terapeutici è determinata e influenzata dalla sua emivita, tenendo in buon conto che molte di esse vengono trasformate in metaboliti attivi con emivita plasmatica molto spesso più lunga dello stesso composto di origine. Di conseguenza, è importante conoscere il metabolismo completo di un farmaco ed anche il profilo metabolico dei metaboliti attivi. Tale dato, infatti, tende a evitare reazioni non desiderate legate all'aumentata funzione del GABA nel cervello per cui, oltre all'induzione del sonno, si possono manifestare anche azioni ansiolitiche, anticonvulsivanti e miorilassanti con possibile atassia e problemi di memoria. Per tale motivo tali farmaci vanno limitati al solo periodo di allettamento. Infatti, se il loro effetto cerebrale dovesse persistere anche nella mattina seguente, potrebbero verificarsi condizioni del tipo simile a una 'sbornia'.
La prima BDZ sintetizzata è stata il clordiazepossido, cui è seguito il diazepam, che fu il principio attivo più prescritto nel mondo. Oggi sul mercato sono presenti almeno sedici tipi di questi principi attivi, differenti fra loro per la velocità d'induzione dell'effetto psicoattivo nel malato e per la durata della loro azione. Le BDZ, la cui denominazione deriva dalla porzione di struttura composta dall'anello benzenico fuso con uno diazepinico a sette membri, sono metabolizzate quasi esclusivamente dal citocromo (CYP) P450 3A4 per cui, quando sono somministrate con farmaci che utilizzano la stessa via metabolica (cimetidina, estrogeni, disulfiram, alfentanil, eritromicina), si può verificare un aumento dei loro livelli plasmatici, potenzialmente causa di sovradosaggio. Nel caso, invece, di associazione con un principio attivo che promuove gli isoenzimi 3A4, si ottiene una riduzione delle loro concentrazioni plasmatiche con un loro conseguente minore effetto sedativo. I nuovi agenti sedativi immessi in commercio, però, sono metabolizzati da enzimi diversi dal CYP e, quindi, con biotrasformazione legata in tono minore agli effetti degli inibitori o degli induttori del CYP3A4.

A tale proposito, in letteratura si trovano, ormai, diverse revisioni sistematiche e meta-analisi sulle problematicità nell'uso delle BZD negli adulti, soprattutto se più anziani, senza che siano ancora stati identificati i termini certi di sicurezza, di efficacia comparativa e di costo-efficacia. Di certo, a parte tutto quanto nei meriti, va segnalato che, secondo una ricerca di Frost&Sullivan del 2007, il fatturato totale mondiale delle industrie farmaceutiche che ruotava intorno al mercato delle benzodiazepine era di cinque miliardi di dollari, con previsione di dieci miliardi entro il 2012, costituendo tale dato di fatto un vero e proprio business del sonno.

Bisogna, d'altra parte, annotare che tutto ciò continua a realizzarsi con la problematicità d'uso che comporta rischi di cadute e fratture negli anziani e impatto sul declino cognitivo e mortalità, anche se non completamente chiarita. Peraltro, una diversità di farmaci, usati negli adulti più anziani, come gli antidepressivi, gli antipertensivi, i diuretici, i beta-bloccanti, i sedativi, gli ipnotici, gli antipsicotici e i farmaci anti-infiammatori non steroidei, possono determinare comunemente gli stessi inconvenienti.

In Italia, dall'ultimo rapporto AIFA sul consumo dei farmaci, emerge che le benzodiazepine e analoghi (ansiolitici, ipnotici, sedativi) presentano un consumo di fascia C, ossia a spese del cittadino, per circa 480 milioni di euro. Dati OMS indicano, peraltro, che gli insonni italiani detengono il primato della minore consultazione del medico e della più alta forma di automedicazione. Le BZD coprono circa il 45% della spesa farmaci territoriale del SNC in classe C e il lorazepam, presente in oltre 140 paesi del mondo, da solo fattura 36 milioni di euro per dieci milioni di confezioni vendute.
È bene porre in evidenza, ancora, che statistiche specializzate riportano il 3% degli incidenti stradali dovuti al classico colpo di sonno con ben il 20% per sonnolenza e calo dell'attenzione. In tutto questo, un'importante responsabilità ricadrebbe sui farmaci che, spesso, si assumono senza alcuna informazione e precauzione.

A tale proposito, torna utile ricordare la sentenza della Suprema Corte di Cassazione, sez. V penale, n. 1025 (17/10/2006-17/01/2007) secondo la quale i medici hanno l'obbligo di informare il paziente circa gli effetti collaterali del farmaco prescritto, come, ad esempio, nel caso in cui lo stesso possa provocare il "colpo di sonno", affermando, al contempo, la necessità di multare i sanitari inadempienti. A ciò si aggiunga la possibilità per il medico di dover rispondere di lesioni colpose, nell'omissione di quanto sopra, in caso di un incidente stradale, con condanna in primo e secondo grado per lesioni gravi riportate dal paziente o altri.
Anche per tali motivi negli anni '90 sono stati introdotti nel mercato farmaceutico i cosiddetti Farmaci Z (tra cui Zolpidem, Zoplicone) ovvero imidazopiridine, che non hanno le controindicazioni delle benzodiazepine (sonnolenza diurna) e sembrano indurre un sonno più fisiologico e più simile al sonno naturale.

In caso, invece, di associazione dell'insonnia con la depressione è stato promosso l'uso degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e l'escitalopram (Cipralex o Entact). Sono entrati in uso anche gli antidepressivi, come l'amitriptilina, la nortriptilina e il trazodone, che, soprattutto i primi due, per gli effetti indesiderati anticolinergici e la disponibilità di nuovi agenti, sono stati progressivamente abbandonati. Il trazodone è, invece, ancora ampiamente accettato nel paziente depresso, anche perché appare diminuire l'insonnia causata dagli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Questo farmaco, infatti, non influenza la latenza del sonno e non ne diminuisce la fase REM, ma può costituire una seria limitazione d'uso negli uomini per il priapismo, come suo potenziale, grave effetto collaterale.

In definitiva, si può concludere che l'insonnia cronica, in genere, risponde meglio ai piani di trattamento multidimensionale che affrontano i problemi psico-comportamentali, ottimizzando la gestione delle comorbidità, intervenendo, tempestivamente e propriamente con una personalizzazione prescrittiva di farmaci in rapporto ai sintomi e allo stato clinico del paziente. La terapia cognitiva comportamentale e le raccomandazioni d'igiene del sonno assumono un ruolo importante e prioritario e, allo stato attuale, la scelta del farmaco deve essere perseguita con continua attenzione sulla sua efficacia e sicurezza a lungo termine. Molti ipnotici tradizionali e della classe delle benzodiazepine, ad esempio, possono essere utili per cure a breve termine, ma vanno sconsigliati e nel caso attentamente controllati nei trattamenti a lungo termine per gli effetti collaterali indesiderati e le loro interazioni farmacologiche. Le BDZ, purtroppo, danno il fenomeno della dipendenza che può essere definito come moderata dipendenza fisica e attenuati fenomeni da sospensione dell'uso, scarsa tolleranza, tendenza a un'elevata dipendenza psicologica. Di solito durante il loro uso con dosi terapeutiche si osservano evidenti ma non gravi fenomeni da sospensione, non vi è tendenza all'aumento dei dosaggi, mentre vi è una tendenza a protrarre il trattamento anche quando non vi siano ragioni cliniche evidenti che ne consiglino la prosecuzione. Il trattamento della dipendenza da BDZ, che dovrebbe essere sempre personalizzato, produce effetti sul sistema nervoso centrale, variabili in rapporto al dosaggio, alla durata d'uso, allo stato nutrizionale e al livello della stessa dipendenza. Per una disintossicazione completa possono essere necessarie fino a sei settimane in cui i pazienti possono provare ansia transitoria, attacchi di panico e desiderio verso la sostanza, che può durare fino a sei mesi. Possono essere utili anche sedute di rilassamento o di biofeedback. L'astinenza, invero, è il fenomeno più appariscente e tende ad essere maggiore e intenso con la brusca sospensione. Può manifestarsi, però, in forma attenuata anche nel corso della riduzione programmata del dosaggio. Si manifesta più facilmente in seguito a cure prolungate di oltre quattro - sei mesi con dosi mediamente più elevate delle normali terapeutiche e in personalità caratteristiche del paziente che lo predispongono all'autogestione terapeutica. Pur tuttavia, la sindrome da sospensione non si manifesta solo nell'abuso o nello scorretto uso delle BDZ, ma anche in alcune condizioni di normale uso terapeutico. I sintomi psicofisici, più gravi negli alcolisti, in genere compaiono da uno a sette giorni dopo la sospensione, in rapporto alla durata di azione della BDZ usata. In particolare, essi variano dalle dodici alle quattordici ore dopo l'interruzione del trattamento in caso di uso di principi attivi con vita breve e fino a 3-10 giorni per quelli a lunga durata d'azione. La durata della sintomatologia può variare da una a quattro settimane, in rapporto alla sua intensità e al quadro clinico. I sintomi più osservabili con maggiore frequenza sono l'insonnia e l'ansia di rimbalzo, cui possono aggiungersi l'irritabilità, l'ipersensibilità sensoriale, le palpitazioni, la cefalea, i dolori muscolari e le sensazioni di caldo e di freddo. In casi molto rari e solo in seguito alla brusca interruzione di dosaggi molto elevati sono state descritte crisi di tipo convulsivo.
In conformità a quanto riportato emergono la complessità del malato affetto da insonnia e la complessità di studio e di ricerca della migliore strategia terapeutica. Di certo, la comunicazione medico/paziente rappresenta un importante strumento per l'aderenza alle cure e per il raggiungimento degli obiettivi. È, pertanto, essenziale che l'operatore sanitario tracci un modello di approccio professionale che non dimentichi le principali regole da seguire e che porti convinzione e fiducia nel paziente.

I conclusione a tutto quanto riportato torna utile riproporre lo statement conclusivo per la gestione dell'insonnia del consensus nazionale dei medici di medicina generale di seguito in tabella. Vantaggioso risulta anche educare il malato a compilare un diario del sonno per almeno sette giorni che possa fornire una convincente discussione sulle abitudini e sui comportamenti erronei e che possa permettere l'instaurazione di una comunicazione sempre più efficace.



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