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notiziario aprile/maggio 2011 n°4 - CONOSCERE L'INSONNIA PER MEGLIO COMBATTERLA - Epidemiologia dell'insonnia

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Indice
notiziario aprile/maggio 2011 n°4 - CONOSCERE L'INSONNIA PER MEGLIO COMBATTERLA
Note introduttive sull'insonnia
Definizione dell'insonnia
Le varie forme dei disturbi del sonno
Durata dell'insonnia
Epidemiologia dell'insonnia
L'eziologia dell'insonnia
La valutazione del sonno
Quale strategia nella cura dell'insonnia cronica primaria?
I trattamenti non farmacologici nell'insonnia
Gli obiettivi di cura e i principi d'igiene del sonno
Il farmaco ipnotico ideale
Le benzodiazepine nella cura dell'insonnia
Tutte le pagine

Epidemiologia dell'insonnia

I dati sulla prevalenza dell'insonnia cronica sono alquanto discordanti in ragione di molteplici fattori, tra cui le differenze di definizione, la metodologia e la frequenza dei sintomi, l'età e le determinanti geografiche e socioculturali. Dopo la prima segnalazione su tale argomento di Karacan I e collaboratori (Soc Sci Med 1976;10: 239-244), vi è stato un intenso fiorire di studi epidemiologici in diverse parti del mondo e la sua prevalenza è stata stimata fino al 40% della popolazione. La Gallup Organization, in un campione di 700 adulti in cure primarie, ha riscontrato circa il 52% di probabilità d'insonnia indipendente, soprattutto in associazione con un maggior numero di condizioni mediche (OR, 2.19 [IC 95% 1,13-4,22]), nelle persone più istruite (1,67 [IC 95%, 1,11-2,51]), in chi dormiva meno per notte (OR, 0,71 [95% IC, 0,52-0,96]) e in chi si angosciava per una maggiore riduzione di performance durante il giorno (OR, 2.07 [95% IC, 1,06-4,03]) (J Am Board Fam Med. 2005;18(4):257-261).

Lo studio dimostrava che i pazienti in cure primarie cercano spesso l'aiuto del medico per i disturbi arrecati dall'insonnia, permettendo, così, un suo trattamento precoce.
Ohayon MM, applicando la definizione dei sintomi dell'insonnia cronica di tre o più volte a settimana o "spesso" o "sempre", ha riportato la prevalenza dal 16 al 21% (Sleep Med Rev. 2002;6:97-111). Ford DE e collaboratori nella loro revisione di sei studi demografici hanno rilevato che, con il criterio di almeno due settimane di sonno disturbato, i tassi di prevalenza variavano dal 9 al 17,7%.
Per quanto ci riguarda più da vicino, si valuta che circa un italiano su cinque abbia problemi del buon dormire, ma anche che non fa nulla per porvi rimedio, sottovalutando spesso la questione e rischiando di conseguenza di peggiorare la salute e rovinarsi la vita.

Le donne, peraltro, soffrono più spesso di:

  • Sonno disturbato per vari gradi di ostruzione faringea che vanno dall'UARS (upper airway resistance syndrome) all'OSA (obstructive sleep apnea syndrome), risultanti soprattutto dall'obesità, ma anche per l'atonia muscolare e varie anomalie anatomiche che possono occludere le vie aeree, come le tonsille, la macroglossia. Particolare rilievo assume la menopausa in cui l'OSA, per lo più evidente durante il sonno REM e a parità d'età meno grave che negli uomini, aumenta sia in prevalenza, assestandosi a circa il doppio rispetto alla premenopausa, sia in gravità.
  • RLS (sindrome delle gambe senza riposo), su sospetta base genetica nella forma primaria, e PLMD (periodic limb movement disorder), disturbi idiopatici che possono causare un profondo sconvolgimento. La RLS è, difatti, un disturbo che accade di solito prima dell'inizio del sonno e si associa a dolore ai polpacci, provocando irrequietezza nelle gambe che si attenua con il movimento. La PLMD, che occorre durante il sonno, è caratterizzata da isolati movimenti periodici degli arti inferiori, di solito seguiti dal risveglio.
  • Narcolessia, contrassegnata da sonnolenza diurna, allucinazioni ipnagogiche, cataplessia, paralisi del sonno. Queste caratteristiche sono strettamente legate alle caratteristiche normalmente presenti durante i movimenti oculari rapidi (REM).
  • Disturbi del ritmo circadiano, di cui il più comune è il DSP (delayed sleep phase syndrome), con esordio tipico durante la pubertà, contraddistinto da un ritardo significativo di 3-4 ore, sia nel tempo di andare a dormire sia di svegliarsi alla presenza di un normale tempo di sonno totale. Esso può, peraltro, riguardare anche un cronotipo serale, con preferenza individuale per una maggiore attività durante la notte.

In un sondaggio del 1991 il 30-35% degli adulti americani segnalava disturbi del sonno nel corso dell'anno precedente e il 10% insonnia cronica. Solo il 5%, però, aveva consultato uno specialista, mentre il 26% ne aveva discusso durante una visita fatta per un altro problema. D'altra parte, uno studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità di quindici aree del mondo ha rilevato un tasso di prevalenza del 27% circa nei riguardi della difficoltà a dormire, con maggiore frequenza in rapporto all'invecchiamento e nelle donne con differenze di circa il 40% vs il 30% rispetto agli uomini.
Da notare anche che diversi studi longitudinali hanno indicato che sia l'insonnia corrente sia la persistente o cronica sono altamente predittive dello sviluppo di nuovi disturbi psichiatrici.
Chang PP e collaboratori, in particolare, hanno seguito 1.053 studenti di medicina per un periodo medio di trentaquattro anni, con range da uno a quarantacinque anni dopo la laurea, durante il quale 101 uomini hanno sviluppato depressione clinica con incidenza cumulativa del 12,2% a quaranta anni, registrando anche tredici suicidi. In particolare, il rischio relativo (RR) della depressione clinica era maggiore in quelli che avevano riportato l'insonnia alla scuola di medicina (RR 2,0; 95% intervallo di confidenza [IC], 1,2-3,3), rispetto a quelli che non ne erano affetti ed era maggiore in quelli con disturbi del sonno sotto stress durante la scuola (RR 1,8; 95% CI, 1,2-2,7), rispetto a chi non aveva segnalato difficoltà. (Am J Epidemiol. 1997;146:105-114).
L'insonnia, pertanto, risulta uno dei disturbi più comuni e diffusi nella popolazione occidentale. In Italia affligge il 15-20% delle persone, pari a circa dodici milioni. Gli anziani, poi, oltre i sessantacinque anni, il cui sonno è fisiologicamente più leggero e frammentato, ne soffrono in misura del 40%.
Da uno studio del 28 novembre 2000, riportato da Saluteitalia.net e basato su interviste specifiche, è risultato che il 34% di 2.000 persone della Francia, dell'Italia, della Germania e del Regno Unito soffriva d'insonnia. Le donne con il 60% si dimostravano a maggior rischio. Ciò a conferma che ben sei cittadini europei su dieci dormirebbero male saltuariamente. In Italia la quota era del 54%, mentre il restante 40% riferiva di dormire poco e male costantemente. In particolare, il 37% degli italiani insonni tende ad attribuire il disturbo allo stress, il 38% all'ansia e il 22% alla depressione. La Società italiana di medicina del sonno con lo studio Morfeo (Terzano 2004,Terzano 2006) ha riportato, peraltro, l'incidenza dell'insonnia pari al 64% nelle cure primarie per altre cause, con il 44% dei pazienti che lamentava anche ripercussioni fisiche, sonnolenza diurna, astenia, o malessere psichico, irritabilità, umore depresso, di rilevanza tale da compromettere la loro qualità di vita.



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