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notiziario Gennaio 2012 N°1 - DEPRESSIONE COME MALATTIA SISTEMICA I° - Note introduttive sulla depressione

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Indice
notiziario Gennaio 2012 N°1 - DEPRESSIONE COME MALATTIA SISTEMICA I°
Note introduttive sulla depressione
Epidemiologia della depressione
Eziopatogenesi della depressione
Geni e depressione
Ambiente, relazione genitoriale e depressione infantile/adolescenziale
Differenze di genere nella depressione
Senescenza e depressione
Stress, sistema immunitario e depressione
Religiosità e depressione
Quali gli effetti della religione, spiritualità o filosofia di esistenza nei bambini in pericolo di vita?
Insonnia e depressione
Nutrizione e depressione
Folati omocisteina e depressione
β-bloccanti e depressione
Mefedrone e depressione
Tutte le pagine

Note introduttive sulla depressione

Le patologie prevalenti in ambito psichiatrico sono, invero, la depressione e l’ansia che impiegano molte risorse, soprattutto nei paesi industrializzati, perché principali cause di disabilità. Sono malattie riconosciute anche anticamente. In particolare, si deve a Berrios GE dell’University of Cambridge (Br J Psychiatry  1988; 153:298-304) e a Jackson SW della Yale University School of Medicine, New Haven, Connecticut (New Haven, Conn, Yale University Press, 1986) una dettagliata descrizione storica della melanconia, dal tempo degli antichi sino agli inizi del 20° secolo, come disturbo del comportamento e dell'umore. Antiche descrizioni della depressione si ritrovano nella cultura greca antica in cui la malattia, caratterizzata da quel temperamento malinconico paragonabile alle condizioni distimiche dei nostri tempi, si assimilava alla bile nera della teoria ippocratica degli umori. Comunque, la depressione come patologia nasce solo alla fine dell’ottocento e oggi giorno è riconosciuta malattia sistemica in grado di indurre una serie di alterazioni che riguardano il sistema cardiovascolare, quello neuroendocrino e l’omeostasi metabolica. È stato, difatti, ammesso il suo ruolo di fattore di rischio, particolarmente nella fase di recupero dei grandi eventi delle malattie cardiovascolari. Come messaggio confortante, v’è, invero, che la terapia psicologica, associata alla cognitivo comportamentale (CBT), ha dimostrato forte evidenza di efficacia, intervenendo a faccia a faccia con il paziente con l’impiego, però, di mezzi molto costosi.
Il disturbo depressivo maggiore è caratterizzato potenzialmente da una significativa morbidità e mortalità, potendo indurre all’interruzione dei rapporti interpersonali, all’abuso di sostanze, alle problematicità lavorative, al suicidio e favorire l’ingresso di altre malattie mediche. A ogni buon conto, il trattamento adeguato permette generalmente di ottenere nel 70-80% degli individui una significativa riduzione dei sintomi, anche se ben nel 50% dei casi si possa inizialmente sperimentare una risposta negativa. Però, il 40% dei pazienti non trattati continuerà per un anno a soddisfare i criteri diagnostici, mentre un altro 20% avrà una remissione parziale, che insieme con una storia di disturbo depressivo maggiore cronico rappresenta il fattore di rischio per gli episodi ricorrenti e di resistenza al trattamento.
È interessante notare, comunque, che nella pratica professionale del medico, nonostante l’aumentata sensibilità generale degli ultimi anni, alimentata dal maggior flusso delle informazioni e dalla migliore consapevolezza della sua rilevanza clinica, la condizione del paziente depresso non è cambiata in modo sostanziale. Difatti, la diagnosi resta di solito tardiva e il trattamento clinicamente efficace, anche per il miglioramento della qualità della vita, oltre a essere deludente nell’offrire l’adeguato sollievo, continua a essere anticipato da interventi spesso peggiorativi sul suo decorso, sino a favorire le intenzioni di suicidio. Il fenomeno, più che dipendere da una scarsa competenza clinica o da una difettosa diligenza del professionista sanitario, deriva più particolarmente dalle modalità con cui la malattia fa il suo ingresso clinico, le quali creano, di per sé, le condizioni per le errate interpretazioni. In effetti, la depressione suole presentarsi spesso con una sintomatologia poco specifica, difficilmente inquadrabile nei rigidi schemi diagnostici del DSM-IV. Frequentemente il suo aspetto clinico è sovrapponibile a quello di altri disturbi neuropsichici ed è estremamente variabile, non soltanto da paziente a paziente, ma anche nelle diverse fasi del decorso clinico e nelle epoche successive della vita dello stesso malato. Sta di fatto che ben i due terzi delle persone depresse, ignare della loro curabilità, sono indotti a non cercare tempestivamente le cure più adeguate.



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