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notiziario Gennaio 2012 N°1 - DEPRESSIONE COME MALATTIA SISTEMICA I° - Epidemiologia della depressione

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Indice
notiziario Gennaio 2012 N°1 - DEPRESSIONE COME MALATTIA SISTEMICA I°
Note introduttive sulla depressione
Epidemiologia della depressione
Eziopatogenesi della depressione
Geni e depressione
Ambiente, relazione genitoriale e depressione infantile/adolescenziale
Differenze di genere nella depressione
Senescenza e depressione
Stress, sistema immunitario e depressione
Religiosità e depressione
Quali gli effetti della religione, spiritualità o filosofia di esistenza nei bambini in pericolo di vita?
Insonnia e depressione
Nutrizione e depressione
Folati omocisteina e depressione
β-bloccanti e depressione
Mefedrone e depressione
Tutte le pagine

Epidemiologia della depressione

La depressione è molto diffusa nel mondo e i dati più significativi evidenziati dall’OMS all’interno dei rapporti annuali sulla salute della popolazione nel mondo, oltre a quelli di lettura nelle figure riportate, (in particolare, World Health Report 1999), sono che:

  • I disturbi depressivi in neuropsichiatria costituiscono nelle donne il 41,9% della disabilità e il 29,3% negli uomini.
  • I tassi di prevalenza della depressione nelle donne sono da due a tre volte superiori a quelli degli uomini;
  • Il tasso di maggiore prevalenza della depressione nella donna rispetto all’uomo si rileva in crescita dalla prima adolescenza.
  • I principali problemi di salute mentale dell’anziano sono la depressione, le sindromi organiche e le demenze.

Nello studio europeo ODIN (Outcome of Depression International Network) Ayuso-Mateos JL dell’University of Cantabria, - Spain e collaboratori hanno analizzato un campione combinato di 8.764 persone di cinque paesi europei, trovando la prevalenza complessiva dei disordini depressivi pari allo 8,56% (IC 95% 7,05-10,37) con valori del 10,05% (IC 95% 7,80-12,85) nelle donne e 6,61% (95% IC 4,92-8,83) negli uomini (Br J Psychiatry. 2001 Oct;179:308-16). Gli autori rilevavano anche nelle donne del Regno Unito e dell’Irlanda una notevole preponderanza nei centri urbani, rispetto alle sedi rurali corrispondenti.
La stima 2000 della GBD (Global Burden of Disease) ha riconosciuto che i disturbi neuropsichiatrici contribuiscono per circa il 14% al carico globale di malattia e che la depressione si classifica al quarto posto in tutto il mondo.

Petra Brhlikova dell’University of Edinburgh, UK e collaboratori hanno concluso che le stime della loro ricerca GBDep avevano un valore limitato nel processo politico internazionale perché epidemiologicamente difettose nei termini di rappresentatività e di qualità (J R Soc Med 1 January 2011 vol. 104 no. 1 25-34). Peraltro, per la depressione, come per tutti i disturbi neuropsichiatrici, il processo fisiopatologico non era direttamente osservabile, ma si doveva dedurre necessariamente da una sensibilità alle difficoltà interpretative sulle determinazioni dei tassi di malattia e sulla migliore comprensione del disturbo nel contesto culturale, sociale ed economico. Le singole misure composite della depressione sono, difatti, altamente problematiche, poiché nascoste e perché occultano incertezza, compromesso di pregiudizi e distorsioni nei dati epidemiologici. Peraltro, le singole misure del carico di malattia allontanano il benessere mentale dalle determinanti sociali della salute, come la povertà e lo stato economico, e, per non parlare della loro interazione con gli altri stati patologici, non riescono a riconoscere il loro significato culturale e sociale.

Nel corso degli ultimi settanta anni negli Stati Uniti è stato riconosciuto un progressivo aumento dei casi di episodio depressivo maggiore in giovane età con alti tassi di disturbi affettivi tra parenti. Nel 2010, il CDC (Center FOR Disease Control and Prevention) ha pubblicato un rapporto con stime nel periodo 2006-2008 del 9% di prevalenza della depressione in 235.067 adulti, di cui il 3,4% soddisfaceva i criteri per la depressione maggiore. Nel mondo, peraltro, i tassi di prevalenza negli adulti ripetono quelli degli Stati Uniti e le stime tra gli anziani residenti in comunità sono sorprendentemente coerenti, per esempio in Inghilterra, 2,9%, Paesi Bassi, 2,0%, la Svezia, il 5,6%, Nigeria, 1,6%. Alcuni dati sono disponibili anche sull'incidenza della depressione maggiore nel mondo a carico dei bambini e degli adolescenti. Prima della pubertà, la depressione colpisce in ugual misura maschi e femmine e con la differenzazione sessuale, soprattutto intorno ai 15-18 anni, si realizza il momento più critico per la sua comparsa.
I tassi di depressione in ambo i sessi sono più alti tra i venticinque e i quarantaquattro anni, ma l'incidenza dei sintomi clinicamente significativi aumenta con l'età, soprattutto in caso di concomitanza con una malattia medica o con l’istituzionalizzazione. In generale tutti i dati internazionali concordano sul fatto che le donne soffrono di depressione da due a tre volte più degli uomini e gli studi hanno mostrato che le adolescenti e le madri con figli numerosi e piccoli o, comunque, minori hanno i più alti rischi. In effetti, la maggiore prevalenza della depressione nelle donne rispetto agli uomini inizia con l'adolescenza e dura per tutto il corso della vita e in alcuni casi, come nei disturbi dell'alimentazione, il rapporto femmine/maschi può raggiungere valori di 9:1, come dire il 90% della totalità dei casi.
Secondo gli studi di Kashani JH e Sherman DD dell’University of Missouri, Columbia, l'incidenza della depressione si aggira intorno allo 0,9% nei bambini in età prescolare, all’1,9% in quella scolare e al 4,7% negli adolescenti (Integr Psychiatry. 1988;6:1-8). Nello studio di Lewinsohn PM dell’Oregon Research Institute, oltre il 22% delle studentesse e l'11% dei maschi delle scuole superiori segnalavano un episodio attuale di depressione unipolare, mentre per due o più episodi la percentuale era 1,6 e 4,9% rispettivamente (J Abnorm Psychol. Feb 1993;102(1):133-44).
Bisogna notare, peraltro, che la prevalenza della forma depressiva minore e quella della subsindromica, in cui la compromissione della qualità della vita, del carico funzionale e della spesa sanitaria sono più bassi che nel disturbo depressivo maggiore, sono probabilmente superiori a quella del disturbo depressivo maggiore.
Evelyn Bromet della State University of New York e collaboratori nella loro ricerca hanno accertato nei dieci paesi ad alto reddito del mondo una prevalenza del disturbo depressivo dal 14,6% al 5,5% e negli otto a basso e medio reddito dall’11,1% al 5,9% (BMC Medicine 2011, 9:90). L'età media d’insorgenza, accertata retrospettivamente, era 25,7 nell’alto reddito e 24,0 nel basso-medio. Il rapporto femmina/maschio era 2:1 e nei paesi ad alto reddito l’età più giovane si associava a una maggiore prevalenza, mentre in molti a basso o medio reddito era l'età più avanzata. La più forte correlazione demografica nei paesi ad alto reddito era la separazione da un partner, mentre nel basso - medio il divorzio o la vedovanza.

L’insieme dei dati del WMH, derivante da dieci paesi ad alto reddito, secondo i criteri di sviluppo della World Bank (Belgio, Francia, Germania, Israele, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Spagna, Stati Uniti) e da otto a basso - medio [Brasile (São Paulo), Colombia, India (Pondicherry), Cina (Shenzhen), Libano, Messico, Sud Africa, Ucraina], comprendeva un campione di 89.037 persone con range dalle 2.372 dei Paesi Bassi alle 12.790 della Nuova Zelanda. All’intervista della parte I il tasso medio di risposta ponderato era del 71,7%, e valutava una serie di disturbi mentali, compresa la depressione maggiore.
Coerentemente con le precedenti segnalazioni, le stime di prevalenza WMH del disturbo depressivo maggiore (DDM) variavano considerevolmente da paese a paese, essendo più alte in alcuni dei paesi più ricchi del mondo. Tale dato suggeriva che la depressione fosse in qualche misura una malattia del benessere e che nei paesi ad alto reddito si dovesse sperimentare maggiore stress. Un argomento correlato, però, era che la disparità di reddito tendeva a promuovere una grande varietà di condizioni croniche, inclusa la depressione. Peraltro, anche altre variabili, come l'istruzione e lo stato civile, andrebbero considerati fattori predittivi della depressione, potendo effettivamente essere coinvolti in un reciproco rapporto causale con essa o esserne la conseguenza. In definitiva, però, lo studio WMH ha permesso di evidenziare come gli episodi di depressione maggiore siano un’importante preoccupazione di salute pubblica in tutte le aree del mondo in stretto rapporto con le condizioni sociali da ricercare sempre con attenzione come rischio di base.
In Italia, come nel mondo, vi è evidenza di un sempre maggior carico di patologia psichiatrica e, per quanto riguarda la depressione, soprattutto per le donne di età compresa tra quindici e quarantaquattro anni. La presenza di un picco di casi in questa fascia di età starebbe a indicare il collegamento del disagio psichico con la condizione di vita della donna dall’adolescenza alla fase adulta con i figli minori.



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